I cani del dio Adrano, la fiaba di Patri-drau che abita nel sottosuolo, il mito di Tifone, il giudizio divino secondo i Siculi, il 13.mo mese.

Del dio Adrano dei Siculi non esiste alcuna narrazione illustre, nessun racconto proveniente dagli storici che l'hanno ricordato. Ma se non è stato raccontato alcun mito, alcun racconto, non vuol dire che non ci sia mai stato. Pertanto ho cercato di scovarlo in qualche racconto popolare siciliano. Racconti popolari e fiabe risalgono a tempi lontanissimi. J.V. Propp fa risalire alcune fiabe alle culture dei popoli cacciatori-raccoglitori che praticavano le iniziazioni tribali e altri tipi di iniziazione, come quelli di passaggio, per sciamani, del sogno, alle società segrete ecc.ecc.

Necropoli di Pantalica in provincia di Ragusa


Il mito di Tifone, il mostro che spaventò Zeus


Combattimento tra Zeus e Tifone in una hydra calcidese di fine VI sec a.C.

Per finire voglio ricordare come i greci giustificavano l’attività eruttiva dell’Etna. Questa attività derivava dal fatto che Zeus schiacciò sotto il monte Etna il gigante Tifeo o Tifone, il mostro più grande che mai avesse visto la luce del sole, generato per ultimo da Gea per vendicarsi dell’eccidio dei Titani, sconfitti dagli dei olimpici.
Tifone era tanto smisurato da arrivare a toccare le stelle con la testa; quando allargava le braccia raggiungeva i confini del Mondo, al posto delle dita aveva teste di drago, dalla cintola in giù era un groviglio di serpi velenose, era in grado di volare e sputava fuoco dagli occhi.
Quando gli Dei lo videro assalire il Cielo fuggirono atterriti in Egitto, dove assunsero le più diverse forme animali per mimetizzarsi; solo Athena non si mosse(è probabile che nei primordi questa dea, o quella dea di cui in parte prende le funzioni, rappresentasse la montagna, la rocca, la fortezza da espugnare) e rimproverò Zeus per la sua codardia. Zeus allora fronteggiò Tifone e cercò di sopraffarlo con i fulmini e la sua falce micidiale ch’era servita per falciare Crono; ma Tifone ebbe momentaneamente la meglio, strappò la falce al Dio, gli recise i tendini e lo trasportò sul dorso in Cilicia, attraversando il mare, su una grotta detta ‘il sacco di pelle’. Poi mise i tendini di Zeus in una pelle d'orso e la nascose nella grotta. Infine affidò il corpo immobile del Dio alla dragonessa Delfine, sua sorella. In aiuto di Zeus mossero Ermes e Pan, che riuscirono a rubare i tendini e a rimetterli al loro posto nel corpo di Zeus. Zeus riacquistò quindi la sua forza e, risalito il Cielo su un carro trainato da cavalli alati, sottopose Tifone a una gragnuola di dardi, tanto da indurlo a fuggire. Iniziò pertanto un inseguimento che, dopo varie avventure, si concluse in Sicilia ove Zeus fece precipitare l'Etna su Tifone, che rimase schiacciato ma non cessò di vomitare fuoco e fiamme. Karoly Kerenyi in ‘Gli dei e gli eroi della Grecia’(Mondadori 1997, pag.39), precisa, riportando probabilmente Esiodo(Teogonia, vv.820-868), il Prometeo attribuito a Eschilo(vv.351-372) e Pindaro(Pitica I vv.15-28), che ancora l’Etna rivomita i fulmini che avevano colpito il drago Tifone.


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