Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile. Tipi, motivi dei cunti e considerazioni III giornata.

Tipi e motivi dei cunti in accordo con Aarne e Thompson: "The types of the folk-tale" Helsinki, 1928, e in accordo con Stith Thompson:"Motif-index of folk-literature" Helsinki 1932.Da Norman Mosley Penzer, The Pentamerone of Giambattista Basile Londra 1932 con traduzione e qualche aggiunta di Salvatore La Grassa(SLG)

Online Il cunto de li cunti in dialetto napoletano a cura di Michel Rak(su letteraturaitaliana.net

Online la prefazione all'opera di Benedetto Croce e i cunti di I e II giornata con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634

I cunti delle giornate III, IV e V con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634


L'ignorante(III giornata, 8° cunto)


Tipi:
301. Il figlio dell'orso(slg).

Motivi:
F601. Compagni straordinari.
F601.2. Compagni straordinari aiutano l'eroe nelle prove per i pretendenti.
F610. Uomo particolarmente forte.
F613.2.1. L'impresa-contratto dell'uomo forte: ricevere tutto il denaro che il compagno è in grado di trasportare.
F622. Lo straordinario soffiatore.
F641. Personaggio con udito straordinario.
F661. Abilissimo titarore.
F681. Straordinario corridore.
H331.5.0.1. Il perdente nella corsa con la principessa deve morire.
H331.5.1. Corsa con la principessa per ottenere la sua mano.



Riassunto in italiano

C'era una volta un padre ricchissimo che aveva un figlio così sciagurato e dappoco che non sapeva distinguere le carrube dai cetrioli: per questo, non riuscendo più a digerire le sue sciocchezze, gli diede un bel mucchio di denari e lo mandò a commerciare a Levante, sapendo che vedere vari paesi e praticare genti diverse sveglia l'ingegno, aguzza il giudizio e rende l'uomo capace. Moscione, così si chiamava il figlio, salito a cavallo, cominciò a galoppare verso Venezia, per imbarcarsi su qualche vascello che andasse al Cairo. Dopo un giorno di viaggio incontrò un giovane di nome Furgolo col quale prese a discorrere. Questo giovane era velocissimo e alla richiesta di Moscione di dargliene una prova inseguì e raggiunse in pochissimo tempo una cerva che stava correndo. E Moscione gli disse di mettersi al suo servizio che l'avrebbe ricompensato a dovere. Poi Moscione incontrò un altro giovane, di nome Orecchie-di-lepre, e conversando con lui venne a sapere che aveva un udito finissimo tanto da poter ascoltare le conversazioni di persone che stavano molto lontano. Moscione per avere una prova della sua abilità gli richiese di ascoltare quello che dicevano a casa sua. Quel giovane, messe le orecchie a terra, gli disse che sentiva una voce di vecchio sentenziare: "Sia lodato il Solleone, perché sono riuscito a togliermi dagli occhi quel Moscione, quella faccia di tasca vecchia, quel chiodo del mio cuore, che almeno, camminando per il mondo, diventerà un uomo e non sarà più così bestia come un asino, un falcaccio, un perdigiorno!". A tali parole Moscione credette alla sua maestria, gli chiese di smettere e lo prese al suo servizio.
Poi incontrò un giovane che si chiamava Cecadritto e che era un abilissimo tiratore di balestra. Costui, alla richiesta di Moscione di fornirgli una prova, centrò un cecio che stava sopra una pietra. Anche questo giovane fu preso a servizio da Moscione.
Poi incontrò Soffiarello che gli dimostrò la capacità di soffiare come un vento abbattendo dalle radici un filare di quercie.
Poi incontrò Forteschiena che aveva la capacità di mettersi una montagna sulla schiena come fosse una piuma e anche questo giovane gli diede prova della sua straordinaria forza. Sia Soffiarello, sia Forteschiena furono assunti da Moscione.
Tutti e sei arrivarono a Belfiore dove la figlia del re correva come il vento. Il re aveva pubblicato un bando: a chi l'avesse vinta nella corsa l'avrebbe data in moglie e avrebbe tagliato il collo a chi fosse rimasto indietro. Moscione voleva partecipare al bando, ma chiese prima se potesse correre un altro al posto suo. La stessa principessa, che si chiamava Ciannetella, gli rispose che faceva lo stesso perchè sapeva il fatto suo.
Moscione allora chiese a Furgolo di correre per lui. Si radunò una folla immensa per assistere alla gara nella piazza, gli spettatori stavano stretti come sardine. Il segnale di partenza fu dato con la tromba e Furgolo e Ciannetella partirono appaiati.
Ma ben presto Furgolo fu in testa e arrivò primo al traguardo. Ma di prove se ne dovevano correre almeno due e in caso di parità se ne doveva correre una terza. Ciannetella regalò a Fulgore un anello perché lo portasse al dito per amor suo. L'anello era magico. Chi lo metteva al dito era preso da forte pesantezza di gambe. Si svolse la seconda prova e questa volta Ciannetella distanziò enormemente Furgolo. Ma Orecchie-di-lepre aveva sentito prima della geara una conversazione piuttosto strana tra Ciannetella e suo padre nella quale era nominato un anello che l'avrebbe fatta vincere. Orecchio-di-lepre, non appena vide al dito di Fulgore un anello che prima non aveva, comunicò il fatto a Cecadritto. Cecadritto collegò l'anello al dito di Fulgore con la sua debolezza di gambe e con la balestra colpì il dito del corridore nel punto in cui stava l'anello: anello che si spezzò. Subito dopo Fulgore riacquistò la sua forza di gambe e raggiunse, superò Ciannetella e giunse per primo al traguardo.
Il re, vedendo che aveva vinto un grullo, che la palma era in mano a un falcaccio, che il trionfo toccava a un pecorone, meditò se dovesse o no dargli la figlia e, fatta una riunione con i sapienti della sua corte, gli fu risposto che Ciannetella non era boccone per i denti di uno scalzacani e di un uccello perdigiorno e che, senza vergogna perché mancava alla parola data, avrebbe potuto commutare la promessa della figlia con un donativo in danari, che sarebbe stato più soddisfacente per questo bruttone miserabile di tutte le femmine del mondo.
Al re piacque questo parere e fece chiedere a Moscione quanto danaro volesse in luogo della moglie che gli era stata promessa e lui, consigliatosi con gli altri, rispose: «lo voglio tanto oro e argento quanto ne può portare sulla schiena un mio compagno». E, poiché il re fu d'accordo, fecero venire Forteschiena, sul quale cominciarono a caricare mucchi di bauli di soldoni, sacchi di patacche, borsoni di scudi, barili di monete di rame, scrigni di collane e anelli; ma, quanto più caricavano tanto più Forteschiena restava saldo, come una torre, tanto che, non bastando la tesoreria, le banche, gli usurai, i cambiavalute della città, il re mandò da tutti i cavalieri a chiedere in prestito candelieri, bacili, boccali, sottocoppe, piatti, guantiere, canestri e persino i vasi da notte d'argento e neanche bastarono a fare il peso giusto. Alla fine, non carichi ma soddisfatti e impazienti, se ne partirono.
I consiglieri del re, considerato che quei quattro scalzacani si stavano portando tutta la ricchezza del regno, consigliarono al re di mandare appresso a loro l'esercito per riportare gran parte di quel tesoro a casa. Il re accettò il consiglio e fece partire l'esercito. Ma già Orecchio-di-lepre aveva sentito questi discorsi e aveva messo in guardia i compagni. Soffiarello, quando l'esercito si avvicinò, soffiò in maniera così potente che tutti i soldati furono sbalzati un miglio indietro.
Per questo senza altri ostacoli arrivarono a casa del padre, dove Moscione divise con i compagni il guadagno-perché si dice: a chi ti fa vincere la ciambella danne un pezzo. - e li congedò, soddisfatti e contenti, e lui restò con il padre ricco senza fondo e si vide così un asino carico d'oro, confermando la verità del motto:

"Dio manda i biscotti a chi non ha denti".


I cunti della terza giornata



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