Il racconto della principessa persiana Datmà e il racconto mitico dell'enigmatica Atalanta, figura prossima alla dea Artemide.


Atalanta, piè veloce

In una favola di Esopo un ragazzo si innamora così perdutamente di una gatta che anche lei finisce con l’innamorarsi a sua volta.
L’uomo chiede ad Afrodite, dea dell’amore, che trasformi la gatta in donna, affinché i due innamorati possano sposarsi. E la dea acconsente. Tuttavia, durante la prima notte di nozze, un topo attraversa la stanza e la giovane sposa non riesce a resistere alla tentazione di balzare sulla preda. Allora Afrodite trasforma di nuovo la donna in gatta.
Nel mito Atalanta non vuole saperne di sposarsi, le piace la vita all'aria aperta, la caccia e ama correre nei boschi. E' bellissima, ma sembra avere gusti di un giovane. Quelle mele d'oro che le rotolano intorno, però, l'attraggono irresistibilmente e le ridestano la femminilità, la cura per il bello. Così Atalanta divenne donna.


L'imbattibile principessa e il finto vegliardo(Da Le mille e una notte).

Si racconta di una principessa, Datmà, bellissima, leggiadra, avvenente che non voleva sposare alcun uomo, pur se ricco o di nobile lignaggio. Avrebbe sposato con tutto il cuore colui che l'avrebbe sconfitta in un torneo, a spada e lancia. Nel caso che il pretendente fosse stato sconfitto la principessa gli avrebbe sottratto il cavallo, le armi e i vestiti e lo avrebbe marcato a fuoco nella fronte come un suo liberto. Molti principi erano venuti da lontano ed erano stati sconfitti. Anche Bahràm, figlio di un re della Persia, sentì parlare della principessa e si mise in marcia, con tanti denari, cavalli e tesori, per incontrarla, affrontarla e sposarla.
Il combattimento si svolse davanti a una immensa folla. La principessa aveva indossato una vistosa cintura e aveva il viso velato. I due contendenti sin dalle prime battute dimostrarono di avere pari valore. Datmà, allora giocò d'astuzia. Si tolse il velo e apparve più splendente della luna. Bahràm rimase stupefatto da quella bellezza ed ebbe un attimo di smarrimento. La principessa ne approfittò e riuscì a disarcionarlo e a sconfiggerlo. Bahràm perse il cavallo, i vestiti e le armi e fu marcato in fronte. I pretendenti sconfitti non venivano uccisi. Erano lasciati liberi.
Bahràm passò giorni tristi, non mangiò, non bevve, non dormì. Ma si riprese sempre più convinto a conquistare la bella Datmà, il cui volto non poteva più dimenticare. E agì d'astuzia. Si travestì da vecchio decrepito e si fece assumere come giardiniere addetto alla manutenzione degli alberi nel giardino del re dove Datmà si recava quasi ogni giorno. Egli ancora aveva con sè tanti oggetti preziosi, tanti vestiti. Prese una parte di quel tesoro e la portò nel giardino. Prima che arrivasse Datmà col suo seguito di ancelle, come luna attorniata dalle stelle, cominciò a far finta di tremare. Datmà e le ancelle accorsero e gli chiesero stupite che cosa se ne facesse di quei vestiti e di quelle cose preziose. Bahràm rispose che le avrebbe donato a quella di loro che si sarebbe sposata con lui. Egli avrebbe onorato con un bacio quel matrimonio e poi avrebbe chiesto il divorzio. La stessa Datmà proclamò sposa del vecchio una sua ancella. Bahràm si diresse tremante col bastone verso quella ancella, la baciò e le regalò quanto aveva esposto. Il giorno seguente avvenne un altro matrimonio e quindi Bahràm diede un bacio a un'altra ancella. Datmà allora pensò che anche lei poteva ottenere quegli oggetti preziosi senza avere alcun danno. L'indomani uscì di casa da sola nelle sembianze di una sua ancella e si recò dal vecchio. E proclamandosi la figlia del re gli disse che pure lei voleva sposarlo come le sue ancelle dei giorni precedenti. Allora Bahràm prese per lei gli oggetti più preziosi, glieli diede e si alzò per baciarla. A questo punto Bahràm afferrò la principessa con forza, la stese al suolo e prese la sua verginità. Dopo le si rivelò per quello che era, cioè il figlio del re di Persia. Datmà pensò tra sè che non era il caso di ucciderlo. La sua uccisione non le avrebbe arrecato alcun bene. Pertanto decise di fuggire con lui nel suo paese. Così gli disse e così fecero e stettero insieme fino alla morte. Sharazad alla fine del racconto nota che per conquistare le donne l'astuzia degli uomini raggiunge picchi assoluti.

L'enigmatica Atalanta

Atalanta, una figura della mitologia greca, era figlia di Iasio o Iaso, re dell'Arcadia, e di Climene. Suo padre desiderava per erede un maschio, per questo alla sua nascita, come succedeva spesso nell'antichità, l'abbandonò sul monte Pelio o secondo altri sulla collina Partenia presso Calidone. Artemide inviò un'orsa, che se ne prese cura allattandola e allevandola. Qualche tempo dopo fu trovata da un gruppo di pastori, taluni dicono che fossero dei cacciatori, che la adottarono. Ella rimase vergine e portava sempre armi. I centauri Ileo e Reco avevano tentato di possederla nel folto del bosco e lei li uccise con l'arco. Questa uccisione dei centauri, che a volte sono nella mitologia greca saggi maestri(vedi il centauro Chirone), proietta su questa figura un alone di saggie conoscenze. Atalanta partecipa alla spedizione contro il cinghiale di Calidone, un'enorme cinghiale che uccideva uomini e bestie e devastava i campi, e riuscì a ferirlo ad un orecchio. Il cinghiale fu poi colpito a morte da Meleagro prima col giavellotto e poi con un colpo di lancia al cuore. Meleagro, innamorato di Atalanta, le offrì la pelle del cinghiale perchè ne aveva versato il primo sangue. Gli zii materni di Meleagro, non furono d'accordo su questa decisione e protestatoro aspramanente. Meleagro li uccise entrambi. Altea, madre di Meleagro e sorella degli uccisi, maledisse il figlio. Questa spedizione contro il cinghiale di Calidone venne ricordata come un'impresa che portò sventure a molti dei partecipanti: alcuni furono uccisi dal cinghiale, altri dal giavellotto amico, tutta la famiglia di Meleagro si annientò, anche per gli sviluppi successivi della vicenda. La partecipazione di Atalanta fu dunque ritenuta infausta. Dopo la spedizione Atalanta fu riconosciuta dal padre Iaso, che la invitò a sposarsi. Atalanta accettò alla condizione che si sarebbe sposata con il pretendente che l'avrebbe superata in una gara di corsa con pena di morte a colui che fosse stato sconfitto. Molti sventurati principi persero così la vita, essendo Atalanta più veloce di tutti i mortali. Ma Ippomene, riuscì nell'impresa di superarla nella corsa, ma con un'astuzia. Ippomene aveva invocato l'aiuto di Afrodite e la dea dell'amore gli donò tre mele d'oro e gli ordinò di gettarle a una a una durante la corsa. Lo stratagemma funzionò perchè Atalanta, ogni volta che Ippomene gettava una mela d'oro, perdeva tempo a raccoglierla, attratta irresistibilmente. Così il pretendente vinse la gara di corsa. Tempo dopo i due sposi incorsero nelle ire di Zeus, offeso per averli scoperti ad amarsi nel sacro recinto di un tempio a lui dedicato. Per punirli decise di trasformarli in un leone e una leonessa, perché i greci ritenevano che i leoni non si accoppiassero tra loro. In Beozia raccontavano, invece, che i due sposi avevano fatto l'amore nel tempio di Cibele e che fu questa dea a trasformarli in leoni; leoni che aggiogò al proprio cocchio.

Il linguaggio figurato, il culto oracolare dei Greci

Molto probabilmente nei tempi in cui venivano raccontate le sue imprese Atalanta era un enigma, una figura da interpretare. Vicina, per questo aspetto enigmatico, alla Gorgone Medusa( A. Brelich in 'Gli eroi greci' accenna alla possibilità che lo scontro-incontro di Perseo con la Medusa possa ricondursi a un agone), alla fanciulla libica Pallade che la vergine Atena uccise in un combattimento di tipo iniziatico. I Greci erano maestri nel linguaggio figurato e certamente i riti misterici vi abbondavano per questo, come anche gli oracoli che erano sempre da interpretare. In ogni sede oracolare oltre alla sacerdotessa che entrava in trance(la Pizia, la Sibilla ecc. ecc.) c'erano gli esperti, detti 'profeti', che dovevano interpretare le sue parole sconnesse.
Karoly Kerényi(in Gli dei e gli eroi della Grecia) scrive che Atalanta, nella spedizione contro il cinghiale di Calidone, altri non era che Artemide. Cioè la dea che aveva mandato nelle campagne di Calidone il cinghiale tremendo perchè Oineo, re di Calidonia e padre di Meleagro, aveva dimenticato di onorarla con i giusti sacrifici. E a lei, la dea, era spettata la pelle di quel cinghiale. Di Atalanta non si conosceva la tomba, non doveva essere un comune mortale. Probabilmente era rimasta un leone, e sotto tale forma Artemide appariva spesso alle donne. Pure notevoli sono alcuni particolari su Atalanta. Era bionda, le gare con i pretendenti si svolgevano nei boschi, ella dava un vantaggio ai pretendenti, ma si presentava nuda, quando raggiungeva i giovani pretendenti li uccideva tirando loro delle frecce col suo arco.


Per approfondire leggi pure questi articoli stesso argomento:

"La cacciatrice Atalanta e la principessa Datmà."

"Atalanta e i giochi agonistici, i culti oracolari e le sacerdotesse caste."

"La storia della principessa Turandot."


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