Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile. Tipi, motivi dei cunti e considerazioni V giornata.

Tipi e motivi dei cunti in accordo con Aarne e Thompson: "The types of the folk-tale" Helsinki, 1928, e in accordo con Stith Thompson:"Motif-index of folk-literature" Helsinki 1932.Da Norman Mosley Penzer, The Pentamerone of Giambattista Basile Londra 1932 con traduzione e qualche aggiunta di Salvatore La Grassa(SLG)

Online Il cunto de li cunti in dialetto napoletano a cura di Michel Rak(su letteraturaitaliana.net

Online la prefazione all'opera di Benedetto Croce e i cunti di I e II giornata con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634

I cunti delle giornate III, IV e V con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634


La Sapia(V giornata, 6° cunto)


Tipi:
Donna figlia di baronessa mette nel sacco il marito-re (slg).

Motivi:
K1814 Una donna grazie a un travestimento è amata dal suo stesso marito.
Altri motivi:
1)Il marito non paga il debito coniugale (slg).
2)Triplicazione dell'incontro tra donna, seduttrice e travestita da cortigiana, e re(slg).
3)La donna seduce con tecnica finestraiola (slg).
4)La moglie alle nozze del marito(slg).



Il cunto secondo la traduzione di Benedetto Croce
C'era una volta un re di Castelchiuso, che aveva un figlio, di nome Carluccio, cosi duro di testa che non c'era rimedio che volesse tenere a mente l'A B C D, e, sempre che si parlasse di leggere e d'imparare, faceva cose di fuoco; e non giovavano sgridate né bastonate né minacce a correggerlo, di modo che il povero padre non sapeva qual partito prendere per svegliare l'ingegno di questo figlio sciagurato e non lasciare il regno in mano a usarpatori e avventurieri.
In quello stesso tempo, c'era la figlia della baronessa Cenza, che, per il molto sapere al quale era pervenuta a tre-
dici anni, s'era acquistata il nome di «Sapia». Il re, a cui furono riferite le virtuose qualità di lei, si determinò ad affidare il figlio suo alla baronessa, affinché lo facesse istruire dalla figlia, pensando che la compagnia e l'emulazione con la giovinetta avrebbe profittato. E Sapia, infatti, appena fu pervenuto in quella casa, cominciò a insegnargli la Santa
Croce e l'abecedario; ma, vedendo che tutte le belle parole quegli se le gettava alle spalle, e le buone ragioni gli entravano per un orecchio e dall'altro gli uscivano, le scappò la pazienza e gli appiccò una ceffata.
Fu tanta l'impressione che di questo provò Carluccio, che ciò che non aveva fatto per persuasione e carezze, fece per vergogna e dispetto; e, in breve tempo, non solo seppe leggere, ma andò tant'oltre nella grammatica, che ne apprese tutte le regole; sicché il padre lo levò da quella casa e gli fece compiere gli altri studi più alti, in modo che divenne il più istruito uomo del regno.
Ma quello schiaffo, che Sapia gli aveva dato, egli, vegliando, lo teneva sempre innanzi agli occhi; dormendo, se lo sognava: tanto che fece pensiero o di morire o di vendicarsi. Venne Sapia, in questo tempo, a età da marito; e il principe che aspettava, attento, l'occasione di far le sue vendette, disse al padre che voleva sposarla anche come riconoscenza per quello che aveva fatto per lui. Il re, udendo questa risoluzione del figlio, gli rispose positivamente perché le virtù della ragazza recuperavano il più basso valore del sangue, rispetto a quello loro. E cosi, chiamata la baronessa, si scrissero subito i capitoli e si celebrò il matrimonio con festa conveniente a un signore grande.
Carluccio chiese in grazia al re un appartamento separato per abitar con la moglie; e il re, per contentarlo, gli fece
fare un palazzo bellissimo. Egli vi condusse Sapia e ve la restrinse in una camera, dandole male da mangiare e peggio
da bere, e, quod peius, non pagandole il debito. La misera si vide la più disperata donna del mondo: non sapeva la causa
di questo cattivo trattamento che le si infliggeva, quando appena era entrata nella casa del marito.
Finalmente, il principe si recò a vedere Sapia nella camera che le era prigione, e le domandò come stava. « Met-
titi la mano sullo stomaco — rispose Sapia, — e vedrai come posso Stare. Eppure non t'ho fatto cosa alcuna per la quale
tu abbi ragione di trattarmi a questo modo, come un cane. A qual fine chiedermi in moglie, se volevi tenermi come una
schiava? ». Rispose il principe: «Non sai tu che chi fa l'offesa la scrive nella polvere, e chi la riceve, la incide nel
marmo? Ricordati bene quel che mi facesti quando m'insegnavi a leggere; e sappi che non per altro io ti ho voluta
per moglie, che per dar la salsa alla vita tua e vendicarmi dell'ingiuria ricevuta ». « Dunque — replicò Sapia, — raccolgo
male per aver seminato bene? Se io ti detti quello schiaffo, fu perché tu eri un asino, e per farti diventar savio. Tu sai
che chi ti vuol bene ti fa piangere e chi ti vuol male ti fa ridere ».
Il principe, se prima stava corrucciato per il ceffone, ora montò in furia, vedendosi rinfacciata l'ignoranza sua; tanto
più che, quando pensava che Sapia si sarebbe chiamata in colpa, vide che, ardita come un gallo, gli rispondeva da pari
a pari. Perciò le volse le spalle e se n'andò, lasciandola peggio di come l'aveva trovata. E alcuni giorni dopo, tornato
a vederla, la ritrovò nella stessa disposizione d'animo, e se ne parti più irrigidito di prima, risoluto di farla cuocere nell'acqua sua come polpo e di castigarla con la mazza di bambagia.
Intanto, il re padre morì e Carluccio, succedendogli, volle pigliare possesso di tutti i suoi territori e stati di persona, e, poste in ordine cavalcate di gente d'armi e di cavalieri degne della sua corona, con esse si mise in viaggio. La baronessa madre, che, saputa la vita stentata della figlia, per riparare con previdenza allo sconcio, aveva fatto scavare un corridoio sotto al palazzo del principe, pel quale soccorreva e ristorava la povera Sapia; e alla notizia che si era sparsa della prossima partenza del nuovo re, apparecchiò cocchi e livree di grande sfoggio. Poi abbigliò la figliuola di tutto punto e con una compagnia di dame per una via scorciatoia la fece precedere il marito; sicché essa si trovò un giorno prima al luogo dove il re doveva fermarsi e prese stanza in una casa di fronte al palazzo a lui destinato. Stava tutta adorna alla finestra, quando il giovane re, veduto quel fior fiore di donna, senza riconoscerla per Sapia, se ne incapricciò, e tante industrie adoprò che infine l'ebbe tra le braccia, e nel partire le lasciò per memoria del suo amore un bel monile. Sapia, quando il re si fu allontanato, per girare le altre parti del regno, se la svignò a casa sua, dove, a capo di nove mesi, partorì un bel figlio maschio.
Al ritorno nella capitale, il re andò a vedere Sapia, credendo di trovarla morta; ma la vide più fresca che mai e più
che mai ostinata a dirgli che, se essa lo segnò di cinque dita in faccia, fu per farlo savio da asino che era. Onde il re
arse nuovamente di sdegno e la lasciò stare. Ma, poiché dovette riprendere il viaggio per altre visite a luoghi del suo regno, Sapia, aiutata dal consiglio della madre, ripetè l'inganno e, godutosi il marito, ne ebbe un ricco gioiello pel capo e un altro figlio, che, a suo tempo, portò alla luce. E lo ripetè ancora una terza volta, e ne ebbe una grossa catena d'oro e di pietre preziose, e una figlia femmina.
Quando, finalmente, il re fece ritorno, apprese che Sapia era morta, che, infatti, la baronessa le aveva dato un sonnifero e fattala seppellire come morta, l'aveva poi destramente ritolta dal sepolcro e nascosta nella casa sua. Egli trattò allora nozze con una persona di grande casata, e condusse la nuova sposa al palazzo reale. Ma, nel meglio della strepitosa festa che si celebrava per quell'avvenimento, comparve Sapia nella sala, coi tre figlioletti ch'erano tre gioielli, e, gittatasi ai piedi del re, gli chiese giustizia che non privasse della corona quei giovinetti, che erano sangue suo.
Il re stette per un pezzo come uomo che sogna. Ma, infine, scorgendo che il sapere di Sapia arrivava alle stelle, e veduto presentarglisi, quando meno se l'aspettava, tre sostegni della sua vecchiezza, gli s'intenerì il cuore. Quella signora, che aveva fatta venire, la diede in moglie a suo fratello con un grosso stato, ed esso si prese Sapia, facendo conoscere cosi alle genti del mondo, che: il saggio piega a sé anche le stelle.


I cunti della quinta giornata



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