Le zampate di micio Bavaglino



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Ricapitalizzazione continuata e reiterata di Monte Paschi di Siena(MPS), una banca emblematica di un modo stravagante di fare banca. Il delirio di onnipotenza dei dirigenti di banca


31 Marzo 2017.
Anche le banche dovrebbero scontare i propri peccati, e di peccati e di errori perlomeno stravaganti, se non truffaldini, ne ha commesso tanti il MPS. Vi ricordate quando le azioni di borsa salirono per qualche anno, al tempo delle privatizzazioni, fine anni 90. Allora Banca121(ex Banca del Salento stracomprata per 2500 miliardi di lire da MPS) e poi MPS e tutte le altre banche del gruppo escogitarono un prodotto finanziario complesso prima chiamato «My Way» e poi «Four you». Tali prodotti finanziari, presentati dagli impiegati addetti come un prodotto tranquillo, ossia un piano di accumulo che poteva essere dismesso in qualsiasi momento, con la restituzione del capitale versato, prevedevano, in breve, l’apertura di un mutuo, da rimborsare in rate mensili, che doveva essere utilizzato per l’acquisto di strumenti finanziari (obbligazioni e fondi comuni di investimento). Il contratto, con finalità previdenziali, almeno così dicevano gli addetti alla vendita del prodotto, prevedeva inoltre l’apertura di un conto titoli e di un conto corrente presso la banca e costose penali in caso di recesso. In pratica , calcoli alla mano, questo prodotto finanziario, non ha mai generato per alcuno alcun utile, e anzi delle perdite certe, consistenti in circa il 40% del capitale versato, senza considerare la mancata perdita degli interessi. In breve circa 15 anni dopo questi scandali, è giunta la sentenza della Cassazione n°19559 del 30/09/2015, che sancisce che i contratti denominati, chissà perché(è il marketing), con altisonanti parole inglesi «non sono meritevoli di tutela giuridica» per contrasto con i principi generali ricavabili dagli art. 47 e 38 della Costituzione, circa la tutela del risparmio e l'incoraggiamento delle forme di previdenza anche privata.
Ma questa banca governata da cervelli che erano definiti di sinistra, ha avuto altre disavventure e fra queste la più eclatante è l'acquisto della Banca Antonveneta. Nella primavera del 2008 Il Monte dei Paschi, guidato da Giuseppe Mussari, compra per 17 miliardi Antonveneta, che gli spagnoli avevano pagato appena tre mesi prima 6 miliardi . Lo fanno senza la dovuta diligenza e accollandosi un prestito da 7,5 miliardi che Santander aveva accordato ad Antonveneta per puntellarne i conti. In effetti il costo autorizzato il 17 marzo 2008 dalla Banca d'Italia, e più specificatamemte da Mario Draghi, che ne era allora il governatore, era stato di 9 miliardi. La domanda è: sapeva Bankitalia di questo finanziamento da 7,5 miliardi? Secondo il legale senese lo sapeva perfettamente perché aveva appena ispezionato la banca. Alla Procura di Roma è stata fornita la distinta dei pagamenti effettuati da Mps. Si tratta di 8 bonifici a favore di Abn Amro, Banco Santander e Abbey National Treasury Service tra il 30 maggio 2008 e il 30 aprile 2009 per un totale di 17.007.760.687,52 euro. Subito dopo l'operazione il Santander va a ruba in borsa perché da questa operazione aveva ricavato una plusvalenza di 2,36 miliardi in soli 3 mesi. I giornali italiani si soffermano sul fatto che banca Antonveneta fosse ritornata italiana. Ma Antonveneta non era proprio un gioiello.
Il perché dell'operazione spericolata del MPS probabilmente deve essere ricercata nel delirio di onnipotenza che moltissimi dirigenti di banca in Italia e all'estero avevano autoalimentato e fatto crescere. I vari passaggi di mano della Antonveneta fanno intravedere una certa mentalità dei dirigenti di banca: mentalità che rincorre il facile, ma spesso rischioso, profitto di tipo finanziario-speculativo, piuttosto che una giusta programmazione dei prestiti alle imprese in grado di rimborsarli.
C'è una ricostruzione in Wikipedia delle varie scalate cui fu sottoposta la banca Antonveneta nel 2005 da parte di banche rivali, da una parte la banca olandese ABN Amro, dall'altra un gruppo di banche e finanziarie italiane guidate da Gianpiero Fiorani, presidente di BPL. Proprio questa banca, la BPL, sotto la guida di Fiorani, aveva intrapreso dal 1998 una miriade di acquisizioni di altre banche ed infine aveva cambiato nome venendo chiamata Banca Popolare Italiana(BPI). Ma perché la corsa alle acquisizioni delle banche da parte di altre banche? Certamente la fusione tra più banche può portare, in special modo nella nostra era digital-tecnologica, dei risparmi da sinergia, per diminuzioni dei costi del personale e dei dirigenti. In certo qual modo la corsa alle acquisizioni leva dal mercato le banche deboli e lascia in corsa quelle più forti. Ma ci può essere il caso che si facciano acquisizioni per mascherare brutti bilanci, per chiedere aumenti di capitale agli azionisti. Ed ogni aumento di capiatle è un bel giro di denaro. E non metterei per ultimo una probabile motivazione speculativo-finanziaria delle acquisizioni bancarie: cioè l'accaparramento di altre banche, anche se non versano in buone condizioni, è un'occasione per investire sulle loro azioni, azioni che comunque, si sa in partenza, vedranno salire il loro valore solo per il fatto di essere contese. Quindi, anche per questi ultimi motivi, l'ABN Amro nel 2006 acquisisce Antonveneta sborsando 6,3 miliardi di euro dopo aver lanciato l'OPA. L'Antonveneta ha in pancia pure Interbanca, il cui valore si stima in 1,5 miliardi. Ma quel 6,3 miliardi va ben oltre il suo valore intrinseco, anche considerando gli utili conseguiti nel 2005(vedi giù il grafico).

Grafico utile Antonveneta, fonte antonveneta.it


Altra banca contesa in quel periodo fu la BNL. Banco de Bilbao ed Unipol se la contesero, ma poi la spuntò BNP Paribas sborsando 9 miliardi in contanti(cifra veramente eccessiva per il valore della banca, coinvolta in diversi scandali, fra cui quello del prestiti erogati all'Iraq per 5 miliardi di dollari), mentre il Bilbao, più saggiamente, offriva carta su carta(scambio di azioni BNL con azioni del Bilbao con apposito aumento di capitale). Da quell'operazione, guardacaso, uscirono con le tasche piene di soldi i due primitivi contendenti, Unipol e il Banco de Bilbao e altri furbetti del quartierino. Se per BNP Paribas l'investimento fu considerato strutturale e quindi molto duraturo, invece ABN Amro da predatore finì per diventare preda. Il perché avvenne ciò sta probabilmente nel titolo di questo articolo, infatti è possibile che la ristrettissima cerchia dei potenti della Terra abbia deciso allora di trarre utili da quella che poteva essere una parabola discendente della banca olandese, dopo il tentativo fallito di unirsi con Capitalia e Banca Intesa. A questo punto i potenti della terra escogitarono l'assalto alla ABN Amro e in Olanda nessuno si oppose perché quelli che contavano ci avrebbero guadagnato di sicuro. Nel 2007 fu organizzata la più importante scalata bancaria mai avvenuta. Un consorzio di banche internazionali, formato dalla belga Fortis, dalla Royal Bank of Scotland e dal Banco Santander Central Hispano lanciarono un'OPA da 71 miliardi di euro. L'intenzione era quella di smembrare il gruppo, dividendo fra i membri del consorzio le varie aree operative: alla Fortis sarebbero dovute andare le attività in Belgio e Paesi Bassi, per le quale avrebbe conservato il marchio; al Santander sarebbero andati il Banco Real (Brasile) e Antonveneta; alla RBS sarebbe rimasto il resto, in particolre le altre attività nelle Americhe. Ma per qualche organo di stampa il Santander era già in trattativa con MPS per Antonveneta. Molti possessori delle azioni ABN Amro guadagnarono molti denari, mentre le banche che comprarono, soprattutto per la crisi mondiale che sarebbe esplosa nel 2008, ebbero delle ripercussioni fortemente negative. Ma per il Santander venne in soccorso il cavaliere Mussari di MPS. Il Santander, come previsto nel piano dell'OPA di ABN Amro, aveva sborsato sulla carta 6,6 miliardi di euro per Antonveneta, ma il MPS si accollava di pagare la banca padovana 9 miliardi e senza Interbanca. Non solo, poiché nei pochi mesi in cui Antonveneta era stata guidata dal Santander, aveva avuto immessi capitali per 7 miliardi e mezzo, MPS si impegnava a pagare questi capitali.

Evidentemente l'Antonveneta non navigava in buone acque. Mussari e compagni non ne sapevano nulla? Mussari era certamente una cima, una mente, non per nulla dal 15 luglio 2010 al 22 gennaio 2013 fu designato per acclamazione presidente dell’Associazione bancaria italiana.
Ma le sbadataggini e i colpi geniali alla rovescia continueranno. Il 22 gennaio 2013 il Fatto Quotidiano dà notizia di un accordo segreto siglato nel 2009 tra gli allora vertici di Banca Monte dei Paschi di Siena, di cui Mussari era presidente, e i vertici della banca giapponese Nomura per una ristrutturazione del debito di Mps per centinaia di milioni di euro. Secondo tale accordo, Mps decide di migliorare la tipologia del rischio finanziario a cui era esposta con il note Alexandria, un derivato basato sui rischiosi mutui ipotecari che Nomura si è detta disponibile a scambiare in cambio di rischiosi derivati della banca giapponese, creando per Mps un buco che alcuni stimano in 740 milioni di euro.


A partire dal 2007, la quotazione delle azioni di MPS ha subito un vero tracollo fino praticamente ad azzerarsi. In particolare, la capitalizzazione dell’Istituto nel 2007 aveva superato i quindici miliardi di Euro. Con i tre aumenti di capitale del 2008, 2011 e 2014 sono stati conferiti tredici miliardi di Euro; oggi la capitalizzazione di MPS stenta a mantenersi sopra il mezzo miliardo di euro. In sostanza, in otto anni sono stati bruciati oltre ventisette miliardi di euro. Fino al 2012 la maggioranza del capitale sociale della banca era in mano alla Fondazione Monte dei Paschi, ma da quell'anno la Fondazione ha incominciato a dismettere la propria partecipazione fino ad arrivare a possedere solo circa l'0,1% del capitale. La BCE verso la fine del 2016 ha chiesto alla banca di Siena un aumento di capitale da 8,8 miliardi per l'aumento dei crediti deteriorati(complessivamente compresi gli incagli i crediti deteriorati sono vicini ai 50 miliardi). Il MPS ha organizzato l'aumento di capitale, ma il mercato ha bocciato il piano. Recentemente il governo Gentiloni ha salvato il MPS, creando un fondo da 20 miliardi per salvare le banche in difficoltà.
Mussari, dimessosi dalla presidenza dell'ABI all'indomani della scoperta del buco legato all'operazione Alexandria, si è dato all'ippica, cioè una delle sue attività più importanti è la cura dei suoi cavalli, fra cui ce n'è qualcuno che ha ben figurato alle corse del Palio. Ma non è che tanti senesi, prendendo troppo sul serio il campanilismo delle contrade, abbia messo al centro dei propri pensieri la corsa del Palio, tralasciando il vero bene, ovvero la banca MPS, della comunità: banca che aveva dato e distribuito richezza e lavoro fino a qualche anno fa?




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