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(Canto popolare del 600)
— Oh Dio, che fosse ciàola e che volasse
a sta fenestra a direte na parola!
Ma non che me mettisse a na gaiola!
E tu da dinto subbeto chiamasse:
—
Viene, marotta mia deh. viene, Cola!—
Ma non che me mettisse a na gaiola!
Et io venesse et ommo retornasse,
com'era primmo, e te trovasse sola!
Ma non che me mettisse a na gaiola!
E pò tornasse a lo buon sinno gatta,
che me ne scesse pe la cataratta:
pur che na cosa me venesse fatta!
(da G.M. Monti, Le villanelle alla napoletana e l'antica lirica duialettale
a Napoli-1925)
Tale canto fu ripreso Giambattista Basile nell'egloga X del Pentamerone. Inoltre nel cunto Il principe Verde Prato si trova la metafora dell'uccello come amante; e sempre nel Pentamerone, nel cunto Il serpente, l'amante si trasforma in colomba per raggiungere l'amata.
Traduzione:
Oh Dio! Se fossi gazza e potessi volare
a questa finestra e dirti una parola!
Ma senza finire in gabbia!
E se tu da dentro subito mi chiamassi:
"Vieni, uccello mio, su! Vieni gazza!"
Ma senza finire in gabbia!
E io verrei, e ritornerei uomo,
c0m'ero prima, e ti troverei sola;
ma senza finire in gabbia!
E infine diventerei gatta,
e scapperei per la botola: