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Francesco La Grassa:
insigne costruttore di organi liturgici

Il declino: Giuseppe e Pietro gli ultimi organari della famiglia La Grassa
Giuseppe(1828- ? ) e Pietro(1835-1922) La Grassa non avevano l'inventiva e l'intuizione del padre e certamente non avevano il suo ascendente.  Ne avevano appreso il braccio e cercarono di seguire il suo stile. Ma incontrarono pure difficoltà di tipo ambientale.
Purtroppo sulla strada degli organari fantasiosi di tutta Italia, di tutti quegli organari che si sentirono spinti a costruire degli organi degni e capaci di interpretare la musica melodrammatica che impazzava allora nei teatri, si frappose il movimento dei ceciliani che per l'appunto era contro lo stile teatrale che si infiltrava nelle chiese.
Il problema si riproponeva. Infatti, dopo altri avvertimenti provenienti dallo Stato Pontificio(Editto del 1824 del Cardinale Zurla, Vicario di Roma), nel 1827 il re Francesco I accusava "l'abuso di accompagnare con musiche teatrali gli inni consagrati all'Altissimo nelle più auguste cerimonie della nostra Santa Religione"(in O. Tiby, Il Real Teatro Carolino e l'Ottocento musicale palermitano, ripreso da G.B. Vaglica, op.cit.) . Affinchè non si verificassero fenomeni del genere si creò una commissione di esperti che doveva distinguere le melodie lecite da quelle che non lo erano. La commissione funzionò per alcuni anni, poi cessò di funzionare. Segno che dal basso, il popolo che frequentava le chiese, e dall'alto, gli addetti ai lavori, cioè gli organisti, non c'era sincera convinzione ad abbandonare lo stile teatrale. E ancora per qualche decennio le melodie di Rossini, Bellini, Verdi continuarono ad echeggiare nelle chiese italiane e siciliane. 
Poi si fece l'Italia e certamente qualcosa cambiò nella maniera di disporre delle finanze sia a livello pubblico-centrale, sia a livello privato-periferico. Ma soprattutto il movimento dei ceciliani prese più corpo. Nel 1869 Leone XIII elogia l'operato del movimento; nel 1884 i ceciciliani vedono riconosciute come leggi le loro aspirazioni. Così riassume Giovan Battista Vaglica(op.cit.p.176) la riforma dei Ceciliani:
1)E' proibito in chiesa qualumque genere di musica che somigli a quello teatrale e che distragga i fedeli dal raccoglimento.
2)Si consiglia il ritorno al canto Gregoriano come espressione della chiesa cattolica, o della musica corale polifonica.
3) Sono vietati gli strumenti fragorosi come il tamburo, la grancassa, i piatti e simili.
4)La musica figurata da organo deve rispondere all'indole legata, armonica e grave di questo strumento.
In altri termini ciò significava l'abbandono di quegli organi costruiti con effetti quali tamburi, grancasse, uccellini ecc. ecc. cioè gli organi costruiti dai La Valle, Andronico, La Grassa, Platania.
Ho ricordato questo particolare storico per evidenziare che da allora nel riprendere o ricostruire gli organi non verrà presa in considerazione la tradizione e la maestria raggiunta dagli organari precedenti. Grazie a una nuova tecnologia gli organi verranno completamente o quasi rifatti. Così avvenne, come si è ricordato, per l'organo di San Martino delle Scale di Francesco La Grassa, mentre per quello di San Francesco di Paola c'è da dire che fu ricostruito nel 1933 dalla ditta Laudani e Giudici con l'impiego di materiale fonico del preesistente organo di Francesco La Grassa.
Giuseppe e Pietro La Grassa riuscirono a  ricostruire o riformare qualche organo nelle chiese di Sicilia prima della riforma dei Ceciliani.
Giuseppe fu l'autore dell'organo di S. Margherita di Sciacca(1876) e  gli organi di Maria SS. del Carmine(1876) e Maria SS. delle Grazie(forse qualche anno dopo) di Bisacquino.
Pietro nel 1878-1880 riprese un organo del 700 della chiesa di Maria SS. del Rosario di Montelepre, ampliandolo con un'altra tastiera(entrambe di 63 tasti). Suo anche l'organo della chiesa madre di Vita(Trapani).

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