CANTI DI RIFLESSIONE


Vitti na crozza


Vitti na crozza 48kb musica di Franco Li Causi

I siciliani, a una certa età, diventano filosofi, spesso anche religiosi. Il pensiero della morte fa capolino sempre più nella loro vita quotidiana. Si cominciano a fare i primi bilanci di una intera vita. E si comincia a pensare alla partita o meglio alla dipartita. Non a caso Luigi Pirandello scrisse quel racconto di quel tale che comprò la cassa da morto, senza che avesse alcuna malattia. Se la portò in casa e la esponeva come fosse un bel mobile. Un modo molto originale per esorcizzare la morte. L'incontro con la crozza o col teschio è l'incontro con la morte che ammonisce. Prima o dopo verrà il tuo momento, avverte la morte. Una buona sepoltura può essere segno di vita morigerata. Si pensi che ora, come chissà da quanto tempo, la morte violenta è spesso accompagnata da esposizione(e il morto diventa pasto delle belve e degli uccelli spazzini), distruzione, occultamento o dispersione del cadavere dell'ucciso. Questo canto dall'andamento allegro deriva da un canto molto più antico che era una lamentazione. Si trattava di un canto in cui il popolo delle città e delle campagne si riconosceva. Esprimeva dolore per le atrocità della guerra. La torre(cannuni)e il teschio(la crozza) sono da collegare all'esecuzione presso una torre militare di una condanna a morte, probabilmente una morte senza conforto religioso, senza il cordoglio dei familiari e degli amici, una morte in un paese lontano. Come fossero contrari alla guerra e alla leva abbligatoria i contadini è risaputo. E non solo i contadini, ma anche quel ceto di latifondisti che aveva bisogno di braccia per coltivare le terre, braccia che venivano a mancare e per il lungo periodo della leva e per il non ritorno dei morti sui campi di battaglia. Che una lamentazione si sia trasformata in canto allegro è piuttosto usuale: è un modo di reagire al pensiero della morte. Oltre alla buona sepoltura bisogna scontare i peccati in questa vita piuttosto che nell'altra. Allora la vecchiaia, con i suoi acciacchi, con le rinunce forzate che impone, diventa tempo di ripensamento e di penitenza.


I versi della canzone popolare

Vitti 'na crozza supra nu cannuni,
fui curiusu e ci vosi spiari.
Idda m'arrispunniu "Cu gran duluri,
muriri senza toccu di campani".

Sinn' eru, sinni eru li me anni,
sinn' eru, sinni eru e 'un sacciu unni.
Ora 'ca su' arrivati a ottant'anni,
u' vivu chiama e u' mortu 'un arrispunni.

Cunzatemi, cunzatemi stu' lettu,
cca di li vermi su' manciatu tuttu.
Si nun lu scuntu 'cca' lu me piccatu,
lu scuntu a chidda vita, a sangu ruttu.

Idda m'arrispunniu "Cu gran duluri,
muriri senza toccu di campani!"

Sopra a sinistra una ottima interpretazione di 'Vitti na crozza' di Domenico Modugno. Nei panni di un carrettiere esorta il cavallo ad andare svelto perchè a sera deve vedere la sua bella 'Nina', a cui intanto dedica il canto siciliano. Incontra un altro carrettiere e lo saluta alla maniera tipica siciliana. Nel video a destra interpretazione din un coro folkloristico siciliano.





Caltagirunisa n.42 CMPS di Alberto Favara


Caltagirunisa 4kb(n.42 CMPS)

Segnalata ad Alberto Favara da Diego Vella di Caltagirone. E' un canto d'avvertimento per gli amanti, per coloro che si amano al di fuori del legame matrimoniale. E' forte il senso del peccato. Guai a chi non riuscirà a sconfiggerlo in questa vita, perchè nell'altra vita, mandato nel fuoco eterno dell'inferno, se ne pentirà amaramente. I versi descrivono l'incontro di due amanti dopo la morte all'inferno, dove si rinfacciano di essersi amati in terra. E ognuno addossa la colpa all'altro.

Il canto, ritmato dai tamburi, sembra un accompagnamento al patibolo dei condannati a morte. Questi i versi:

Ivi a lu 'nfernu ca ci fu' mannatu,
Si nun c'era mannatu nun ci iva.
A la porta c'era Giura assittatu,
C'un libbiru a li manu chi liggiva.
Ddà c'era lu focu addumatu,
'Ntra mmenzu la me' 'manti chi s'ardiva.
Idda mi dissi: "Cori Sciliratu,
Vidi quantu peni chi patu pi tia!"
Ju ci dissi: "Nun mi avissi tu amatu,
Ca lu focu chi t'ardi 'un t'ardiria."



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