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Dea Madre di Megara Iblea

La statua raffigura una kourotrophos, cioè la Dea madre che allatta due neonati, seduta su trono. La figura è acefala ed è vestita di chitone, abito lungo fino ai piedi nudi. E' avvolta da un himation, pesante mantello, ricadente sulle spalle che lascia scoperto il petto,le grandi mani e i piedi. I due poppanti, avvolti in fasce con tracce di policromia, sono disposti secondo una schema incrociato e succhiano il latte mentre stringono con una mano la mammella. La veduta della statua è frontale e concepita come unico volume compatto secondo la convenzione dell'arte arcaica. Per questa impostazione la scultura è stata confrontata con alcune opere d'arte indigena influenzate da modelli dell'arte greca ed in modo specifico di ambiente greco-orientale. Il modellato della statua megarese per la turgidezza delle forme e per le pieghe delle vesti richiama infatti la scultura di centri quali Samo e Mileto. La statua fu rinvenuta in una tomba con vasi datati al 550 a.C. nella necropoli di Mergara Iblea, una colonia greca fondata intorno al 720 a.C.







I gemelli in Grecia


La statua, in pietra calcarea, risale al 550 a.C. ed ha una altezza di cm.78. Proviene da Megara Hyblaea (Siracusa), necropoli nord-ovest, trovata negli scavi del 1952. La statua era ridotta in 936 frammenti per via di lavori condotti da una multinazionale del petrolio. Fu quindi ricomposta e restaurata e ora si trova a Siracusa, al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi.
Notevole il fatto che in questa statua la dea madre allatti due gemelli. Quindi presso gli antichi greci i gemelli non hanno caratteristiche negative e quindi sono bene accetti, almeno nella religione olimpica di Zeus. Infatti la figliolanza gemellare di Zeus, ovvero le coppie Apollo ed Artemide(da madre Latona) e Castore e Polluce(da madre Leda) è esemplare per armonia e concordia. I greci, probabilmente, cercarono di superare i vecchi preconcetti nei confronti dei parti gemellari, presupponendo che uno dei gemelli fosse nato da una divinità. E così alcune donne mortali generano due gemelli di cui uno è l'eroe figlio di un dio: vedi il caso dei gemelli Eracle ed Ificle figli rispettivamente di Zeus ed Anfitrione, mentre la loro madre è Alcmena. In alcune varianti del mito anche Castore e Polluce hanno padri diversi: solo Polluce è figlio di Zeus, mentre Castore è figlio di un mortale.
Ma molto numerosi sono nella mitologia greca i gemelli, anche figli di un dio, che travalicano norme elementari di civiltà. E' probabile che essi rappresentino epoche antecedenti alla polis e alla religione olimpica, epoche presso cui vengono dislocate culturalmente problematiche ancora pressocchè attuali in seno al potere monarchico. Casi di successione catastrofica al potere possono essere viste nelle vicende dei fratelli Eteocle e Polinice, figli dell’incestuoso matrimonio di Edipo e di sua madre-moglie Giocasta. Altri fratelli gemelli inconciliabili sono Egitto e Danao, tanto che le figlie del secondo uccisero alla prima notte di nozze i cugini, figli del primo. In questo caso, poiché questi due gemelli provengono dall'Africa, c'è da mettere in evidenza il rifiuto da parte dei greci di pratiche e rituali matrimoniali e di consuetudini di trasmissione del potere provenienti dal continente africano. Tra i discendenti di Danao ci furono pure i suoi nipoti e gemelli Preto e Acrisio, figli di Linceo e della Danaide Ipermnestra. Ma questi nipoti vennero ad un accordo e si divisero il regno: uno regnò a Tirinto, l'altro ad Argo.
Ci sono pure i racconti mitici che narrano l'esposizione, ovvero l'abbandono di due gemelli. E' il caso dei gemelli Anfione e Zeto, figli di Zeus e Antiope. Dopo la nascita furono abbandonati su un monte e la madre gettata in prigione. La vicenda verte sulle successioni dinastiche nella Tebe feudale. Lico, zio di Antiope, a sua volta figlia del re o signore di Cadmea(la città poi venne chiamata Tebe dal nome della moglie di Zeto) Nitteo, espone i figli della nipote affinché la sua generazione non debba contendersi con costoro il regno. La moglie di Lico, Dirce, si incarica di tenere prigioniera Antiope di modo che quella non possa chiedere aiuto a qualcuno. Ma Dirce è sterile e non da figli al marito Lico. Anfione e Zeto vengono adottati da un pastore e poi liberano la madre e uccidono Dirce. Essi conquistano Cadmea ed eriggono le mura della città. Ma un destino avverso attende Anfione. Sua moglie Niobe, che gli aveva dato sette figlie e sette figli offende Latona. Artemide e Apollo vendicano la madre e fanno morire dodici figli(tutti meno due, quanti i figli gemelli di Latona) di Niobe e lo stesso Anfione, mentre Niobe fu trasformata da Zeus in una statua che piange lacrime all'inizio dell'estate.
Altri tremendi gemelli sono Neleo e Pelia, figli di Tiro e di Poseidone. E già quando si narrano le vicende legate a Poseidone bisogna risalire alle religioni preolimpiche. Fra l'altro Tiro nella nativa Tessaglia aveva avuto già dei rapporti sessuali con lo zio Sisifo. Da questi rapporti erano nati due figli, entrambi uccisi da Tiro. Per questo la famiglia di Tiro era stata espulsa dalla Tessaglia. Il mito racconta che Tiro si era innamorata del fiume Enipeo. In effetti c'erano storie che raccontavano che il fiume fecondasse le spose che vi si bagnavano. Pare che tale bagno fosse prescritto come rito purificatorio dopo la mestruazione e il parto(Robert Graves, I miti greci, 68). Fu allora che Poseidone si presentò a Tiro dichiarando di essere la personificazione del fiume Enipeo. In breve Tiro fu messa incinta da Poseidone e diede alla luce due gemelli; gemelli che fece esporre per non affrontare la collera della matrigna Sidero. I gemelli furono raccolti da un guardiano di cavalli. Inavvertitamente una cavalla del guardiano sfregiò il viso di uno dei gemelli e questo gemello fu chiamato Pelia(pellion, livido), mentre l'altro fu chiamato Neleo. I due gemelli ebbero due nutrici diverse: Pelia una cavalla, Neleo una cagna. E questo ci dice che i due avevano indole diversa. I due gemelli crebbero e non poterono stare insieme per via di continui litigi. Pelia uccide la matrigna della madre Sidero e poi si trasferisce in Tessaglia dove diviene re di Iolco. Secondo alcune varianti mitiche Pelia fa esiliare il fratello Neleo e uccide il fratellastro Esone, figlio di Tiro e di Creteo, fondatore di Iolco. Poi avviene l'inganno da parte di Medea e la fine miserevole di Pelia, comunque onorato da giochi funebri cui partecipò Atalanta. Neleo invece si trasferisce a Pilo e sposa Clori, figlia di Anfione(il gemello di Zeto) e da lei ha una figlia e tredici figli. Nella guerra contro Pilo Eracle uccide sia Neleo, sia i suoi figli, eccetto Nestore.
Quest'ultima storia di gemelli sembra risalire a tempi molto lontani quando regnava nelle coscienze la magia; probabilmente Pelia è uno degli ultimi re-sciamani. Il segno lasciatogli dalla cavalla fa ritornare in mente le mutilazioni inflitte agli iniziati presso le antiche tribù divise in clan. Ha inoltre una cavalla come nutrice, il suo corpo viene fatto a pezzi come quello di un uomo molto potente e di cui si ha paura anche quando trapassa all'altra vita.
Ho trovato molto interessante un articolo su internet, articolo scritto da un medico chirurgo libero docente in clinica ostetrica e ginecologica. In questo articolo è spiegato perché da tantissimo tempo in tante culture i parti gemellari sono malvisti. L'articolo spiega pure che i gemelli possono essere monozigoti(stesso padre, stessa madre), dizigoti(stesso padre, stessa madre), e anche provenienti da gameti di padri diversi(padre diverso, stessa madre).
I greci avevano intuito, probabilmente, questa possibilità che la donna potesse partorire figli di padre diverso, ma secondo il loro modo di vedere, secondo la loro visione della realtà, l'amore e l'atto sessuale che ne consegue scattano per forza divina, grazie alla dea Afrodite e al figlio Eros. Quindi i frutti di questi amori, cioè i figli sono ben accetti e la loro madre è in un certo senso giustificata, se l'atto amoroso, estraneo al legame coniugale, fosse avvenuto per iniziativa divina.
La vicenda mitica di Coronide dimostra che i greci comprendevano il pericolo che poteva scaturire da una condotta libertina della donna. Spettava, dunque, al padre, anche per questo, accettare come proprio il figlio della donna amata, della moglie, della concubina. Per ammettere un bambino alla comunità in Grecia c'erano delle feste annuali che si celebravano nel mese di Pianepsione (ottobre-novembre). Erano connesse al sistema delle fratrie che componevano la polis e avevano un ruolo di stato civile, dato che in questa occasione si formalizzavano eventi avvenuti nell'ultimo anno: le nuove nascite, i matrimoni con spose provenienti da un'altra fratria e il passaggio dall'adolescenza all'efebia.
Le apaturie duravano tre giorni, nel terzo giorno, detto "Cureòtide" o "Giorno della tosatura", i capifamiglia presentavano alla fratria i figli nati nel corso dell'ultimo anno; il padre giurava sulla legittimità del bambino, si offriva una ciocca dei suoi capelli, e il bambino veniva iscritto nel registro dei cittadini.
I membri dell'assemblea della fratria votavano allora il ricevimento del neonato o della neosposa in seno alla fratria: se il voto era negativo il padre poteva ricorrere in tribunale; se il tribunale dava ragione al padre, il bambino era ricevuto nella fratria e quelli che si erano opposti potevano essere condannati ad una multa.



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