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News Ospedale Humanitas di Rozzano(Milano)

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Morbillo: i sintomi e il vaccino
Data articolo:Wed, 24 Apr 2024 15:56:04 +0000

Il morbillo è fra le patologie di natura infettiva più contagiose, che si sviluppa nel soggetto non immune quando l’organismo entra in contatto con gocce di saliva infetta con il morbillivirus. Nonostante per il morbillo vi sia stata fino a ora una copertura vaccinale adeguata (maggiore del 90%), oggi i casi di morbillo sono in aumento in Italia e in Europa, probabilmente sia a causa del calo delle vaccinazioni, che a causa della circolazione di un ceppo di virus mutato, di più difficile identificazione con i test molecolari in commercio. Per quanto questa variante sia tenuta sotto controllo è importante prestare attenzione alle norme di prevenzione e valutare il ricorso alla vaccinazione, qualora non si sia ancora effettuata.

Quali sono i sintomi del morbillo? Ne parliamo con il dottor Davide Fiore Bavaro, infettivologo presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.

Morbillo: quali sono i sintomi

Il morbillo interessa in particolar modo i bambini, ha una durata contenuta (10-20 giorni) e abitualmente non presenta sintomi particolarmente severi. Inoltre, chi ha contratto questa infezione risulta immunizzato per tutta la vita e non deve temere di incorrere in nuovi episodi. In assenza di immunizzazione (dunque di assenza di vaccinazione o anamnesi negativa per infezione), invece, la trasmissibilità è estremamente elevata: il morbillo, infatti, è tra le patologie infettive a più alto tasso di trasmissibilità. Le gocce di saliva infette emesse con la tosse e con gli starnuti possono inoltre restare in sospensione fino a diversi metri di distanza e il virus rimane attivo e contagioso sulle superfici che tocca anche per diverse ore. 

I sintomi del morbillo sono analoghi a quelli influenzali:

  • tosse
  • occhi rossi 
  • naso che cola
  • febbre fino a 40° 
  • eruzioni cutanee rosse (tipica dell’infezione: eritematoso, maculopapulare, di colore rosso vinoso, dapprima sul volto, poi collo quindi su tutta la superficie corporea sino a mani e piedi, ma con zona palmo-plantare esclusa)
  • piccoli puntini bianchi all’interno della bocca (prima della comparsa del rash cutaneo). 

Il morbillo può inoltre comportare complicanze che, per quanto rare, quando si verificano sono particolarmente severe, come l’encefalite e la panencefalite subacuta sclerosante. Inoltre, il morbillo può complicarsi con gravi sovrainfezioni batteriche come l’otite esterna e la polmonite

L’aumento di casi di morbillo in Italia

L’Oms ha registrato un aumento significativo dei casi di morbillo in tutta Europa nel corso del 2023: una situazione che ha coinvolto anche l’Italia, con 43 casi registrati nel 2023 (nel 2022 erano stati solo 15) e con un inizio di 2024 con ben 213 casi nel primo trimestre. In Italia l’aumento di casi ha coinvolto in particolar modo pazienti di età pediatrica di età dai 0 ai 4 anni, mentre la seconda fascia d’età più colpita è quella tra i 15 e i 39 anni. Questo aumento di casi nel nostro Paese è imputabile, secondo gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Università degli Studi di Milano, anche allo sviluppo di lievi mutazioni del virus che comportano un’alterazione della sensibilità ai test molecolari abitualmente utilizzati, oltre che al calo della copertura vaccinale

Infatti, bisogna segnalare che circa l’80% dei pazienti che hanno contratto il virus non era coperto da vaccino: anche per questa variante, infatti, sembra essere ugualmente valido il vaccino contro il morbillo. Si tratta infatti di un virus particolarmente stabile e una fisiologica mutazione in un ceppo non coperto dal vaccino è, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, estremamente improbabile. Importante, dunque, a fronte di questo aumento di casi, effettuare il vaccino o vaccinare i bambini della famiglia qualora non si sia ancora fatto.

Il vaccino contro il morbillo

La vaccinazione contro il morbillo viene erogata in forma del complesso vaccinale MPR (trivalente), contro morbillo, parotite e rosolia, o in forma quadrivalente (MPRV: morbillo, parotite, rosolia e varicella), che è la forma a oggi raccomandata dal Sistema Sanitario Nazionale. 

Il vaccino anti MPRV è obbligatorio dal 2017 (decreto-legge 73/2017) per tutti i nuovi nati. La somministrazione è prevista in due dosi: la prima nel secondo anno di vita, la seconda dose di richiamo intorno ai 5-6 anni.

La vaccinazione è raccomandata a tutte le persone a qualunque età che non abbiano effettuato il vaccino e non abbiano contratto una o più di queste patologie. Unico criterio di esclusione dalla vaccinazione sono le malattie caratterizzate da grave immunodepressione: in questi casi, la somministrazione di un vaccino a virus “vivo-attenuto” è sconsigliata. 

Infine, è sempre opportuno ricordare l’importanza di seguire buone norme igieniche

  • lavare spesso le mani, in particolare dopo aver frequentato luoghi pubblici o aver preso mezzi pubblici
  • non toccarsi gli occhi, il naso e la bocca senza essersi lavati le mani 
  • ricordarsi sempre di proteggere la bocca (preferibilmente con un fazzoletto monouso o con il braccio) quando si tossisce o si starnutisce.

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A cura di Valeria Leone
Ormoni: cosa sono e a cosa servono
Data articolo:Tue, 23 Apr 2024 14:23:54 +0000

Gli ormoni sono molecole prodotte dalle ghiandole endocrine e rilasciate nel flusso sanguigno.

Pur essendo prodotti in piccole quantità, gli ormoni hanno un impatto significativo sull’organismo. Alterazioni nel livello degli ormoni, sia in aumento, sia in diminuzione, possono provocare problemi di salute.

Come prendersi cura della salute ormonale e quali sintomi non sottovalutare? Ne parliamo con il professor Andrea Lania, Responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia e Diabetologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e docente di Humanitas University.

Ormoni: a cosa servono

Gli ormoni sono molecole, che possono essere proteine o steroidi derivati dai grassi, prodotte da ghiandole endocrine, come:

  • ipofisi
  • ghiandola pineale
  • timo
  • tiroide
  • ghiandole surrenali
  • pancreas.

Attraverso il sangue, gli ormoni agiscono come messaggeri chimici, trasportando informazioni e istruzioni da un tessuto a un altro, e hanno un ruolo fondamentale nella regolazione di vari processi vitali, tra cui:

  • accrescimento e sviluppo
  • metabolismo
  • funzione sessuale
  • riproduzione
  • sviluppo psichico e regolazione dell’umore.

Gli ormoni viaggiano attraverso il flusso sanguigno raggiungendo specifiche cellule che dispongono dei recettori corrispondenti per quel particolare ormone; se un ormone si lega al suo recettore, si scatena un effetto. Le cellule dotate dei recettori per un determinato ormone formano il suo tessuto bersaglio. Gli ormoni esercitano i loro effetti caratteristici sulle cellule bersaglio alterandone l’attività cellulare.

I recettori degli ormoni proteici interagiscono con la superficie cellulare attraverso proteine recettoriali, innescando una sequenza di eventi relativamente rapida. Al contrario, gli ormoni steroidei penetrano direttamente nelle cellule, interagendo con i recettori interni e provocando una risposta più lenta.

Quali fattori influenzano il corretto funzionamento degli ormoni?

I livelli ormonali sono influenzati da una varietà di fattori, tra cui la crescita e lo sviluppo, lo stress, le infezioni e i cambiamenti nell’equilibrio dei liquidi e dei minerali nel sangue.

Ormoni: i sintomi da non sottovalutare

La Società Europea di Endocrinologia consiglia di rivolgersi al medico in presenza dei seguenti segnali:

Salute ormonale: i consigli 

  • praticare regolare attività fisica, essenziale per un sano equilibrio ormonale. Sono sufficienti 1,5-2,5 ore alla settimana di esercizio fisico per aiutare l’organismo a produrre ormoni.
  • avere un’alimentazione sana, che comprenda molta frutta e verdure fresche, cereali integrali e ridurre al minimo i cibi confezionati. 
  • dormire almeno 7 ore a notte.
  • mantenere un buon apporto di vitamina D mangiando pesce grasso, come il salmone e le sardine. In inverno, quando l’esposizione al sole è scarsa, si può optare per l’assunzione di integratori di vitamina D, come l’olio di fegato di merluzzo.
  • consumare alimenti ricchi di iodio, come frutti di mare, alghe, uova e latticini.
  • consumare alimenti ricchi di calcio, come yogurt, mandorle, fagioli e verdure a foglia verde.
  • usare contenitori di vetro o di acciaio inossidabile invece di contenitori di plastica. Bere acqua dal rubinetto, ricordandosi di non mettere mai la plastica nel microonde.
  • migliorare la qualità dell’aria negli ambienti chiusi. L’aria dentro e fuori casa può contenere sostanze interferenti con il sistema endocrino. Passare regolarmente l’aspirapolvere, spolverare e far prendere aria alle camere sono azioni che possono ridurre la presenza di particelle di polvere.
  • scegliere con attenzione i prodotti per l’igiene e i cosmetici. Questi prodotti possono contenere sostanze interferenti con il sistema endocrino. Vanno evitati i cosmetici che contengono sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, come ftalati, parabeni e triclosan.
  • prestare attenzione ai propri sintomi.


Rispondi al questionario sulla salute ormonale: nei prossimi mesi, all’interno del progetto inSIEme della società Italiana di Endocrinologia, verranno condivise risposte a tutti i dubbi.

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A cura di Maddalena Costa
Tumore al seno: la mammografia digitale per la diagnosi precoce
Data articolo:Mon, 22 Apr 2024 14:48:22 +0000

La mammografia digitale in tomosintesi (Digital Breast Tomosynthesis o DBT) rappresenta la tecnica più avanzata per la diagnosi senologica, essenziale per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore mammario.

Attraverso una tecnologia digitale di ultima generazione consente di raggiungere un’accuratezza diagnostica nettamente superiore alla mammografia tradizionale.

Ne parliamo con la  dottoressa Daniela Bernardi, capo  Sezione Autonoma di Radiologia Senologica e Screening presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e specialista in Radiologia Senologica e Screening di Humanitas Medical Care.

Che cos’è la mammografia digitale in tomosintesi e a cosa serve?

La mammografia digitale in tomosintesi rappresenta una naturale evoluzione della mammografia tradizionale, in quanto fornisce informazioni morfologiche sulle lesioni superando i limiti intrinseci di quest’ultima.

Nella mammografia tradizionale, lo studio radiografico della mammella viene eseguito mediante l’acquisizione di un’unica proiezione mammografica per ogni singola compressione: ciò consente uno studio morfologico monodimensionale che ha limiti intrinseci legati a fenomeni di sovrapposizione strutturale e di mascheramento da parte del tessuto fibroghiandolare. La tomosintesi supera in parte questi limiti in quanto acquisisce, grazie al movimento del tubo radiogeno, non più una ma bensì multiple proiezioni che successivamente vengono rielaborate tramite un algoritmo di ricostruzione: ciò consente di suddividere il volume mammario in un numero di singoli strati corrispondente allo spessore della mammella compressa. In questo modo, ovviando ai problemi di sovrapposizione, la tomosintesi consente di rilevare più facilmente eventuali lesioni presenti nella mammella alcune delle quali potrebbero non essere rilevate dalla mammografia tradizionale. Il maggior beneficio si riscontra nello studio dei seni con media/elevata densità mammaria, categorie più frequenti nelle donne giovani.

Mammografia con tomosintesi: quali sono i vantaggi

Numerosi studi hanno evidenziato come l’impiego della mammografia in tomosintesi determini un aumento della sensibilità del test mammografico incrementando in maniera significativa la capacità di identificare tumori in fase pre-clinica; allo stesso tempo la tomosintesi, riducendo il numero delle lesioni dubbie e degli approfondimenti diagnostici conseguenti, garantisce una maggiore specificità

Nella mammografia in tomosintesi la compressione è minore

L’acquisizione di ogni singola proiezione nella tomosintesi avviene con una minore compressione della mammella. Non è infatti necessario mantenere lo stesso elevato livello di compressione della mammella richiesto nella mammografia tradizionale per evitare artefatti da movimento. Inoltre, attualmente vengono utilizzati compressori che si adattano alla forma della mammella, rendendo la compressione meno invasiva.  

La mammografia in tomosintesi è sicura?

Nell’esame in tomosintesi, la dose di radiazioni erogata è leggermente superiore rispetto a quella della mammografia digitale, ma comunque sempre entro i limiti di dose stabiliti per legge. Numerosi studi hanno evidenziato significativi vantaggi legati all’aumento della sensibilità diagnostica, il che giustifica la piccola quantità di dose aggiunta rispetto alla mammografia digitale. Il rischio di determinare l’insorgenza di un tumore al seno in seguito all’esposizione radiogena per una mammografia, anche in tomosintesi, è praticamente nullo.

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A cura di msapone
PET: a cosa serve e come si svolge l’esame
Data articolo:Mon, 22 Apr 2024 07:14:00 +0000

PET: che cos’è e a cosa serve l’esame

La PET, Tomografia a Emissione di Positroni, è una metodica diagnostica di Medicina Nucleare che, in risposta a un preciso quesito clinico, può offrire informazioni su patologie di organi o tessuti del corpo con estrema precisione. La PET viene utilizzata in particolar modo in Oncologia, sia in fase diagnostica per individuare il tessuto malato e stadiare un tumore, sia durante il follow-up dopo la chirurgia o la radioterapia per valutare l’andamento di un trattamento. Utile anche in altri ambiti, in Neurologia la PET viene utilizzata per differenziare l’Alzheimer da demenze di altro tipo, in Cardiologia analizza il flusso del cuore e la vitalità dei suoi tessuti, e in Ortopedia serve per valutare lo stato di infezioni vertebrali e protesi infette.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Marcello Rodari, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Nucleare dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.

Che cos’è la PET

La PET è un esame non invasivo, che non comporta alcun rischio per la persona che ci si sottopone. Si svolge per mezzo di un radiofarmaco, somministrato per via endovenosa nell’avambraccio, e composto da una molecola (o tracciante) che mappa il processo patologico di interesse e da un atomo che emette positroni a breve emivita. Il farmaco, quindi, come una lampadina accesa, “illumina” le cellule a cui si lega, evidenziando così la presenza di eventuali patologie e permettendo una loro completa e precisa stadiazione. Ciascuno dei farmaci utilizzati per la PET è composto da specifiche molecole che vengono riconosciute solamente dai tessuti interessati dall’analisi: questo consente un alto grado di precisione dell’esame.

PET: come si fa l’esame?

A seguito della somministrazione del farmaco, il paziente prima di sottoporsi all’esame deve aspettare un tempo che può variare da qualche minuto fino a 60-90 minuti, per consentire al radiofarmaco di distribuirsi adeguatamente nell’organismo e raggiungere il tessuto interessato. Al termine di questa attesa, può avere inizio l’esame vero e proprio che durerà circa 20 minuti, con piccole variazioni possibili, in base al tessuto da indagare. In Humanitas è ora disponibile un nuovo tomografo PET digitale che permette di eseguire l’esame in un tempo ancora minore (circa 10 minuti), riducendo inoltre anche l’attività somministrata del radiofarmaco.

Al paziente viene richiesto di restare sdraiato, supino e immobile, in un macchinario a forma di anello aperto, il tomografo. Questo strumento, in grado di registrare le radiazioni emesse dal farmaco, andrà a esaminare il corpo riproducendo su computer le immagini registrate, che verranno poi valutate dal medico specialista. Immediatamente prima della rilevazione delle immagini PET, viene sempre eseguita una TC con lo stesso tomografo, necessaria per una corretta ricostruzione delle immagini e per la localizzazione anatomica delle eventuali alterazioni visibili alla PET. In casi selezionati, viene eseguita una TC con mezzo di contrasto, in modo da ottenere due esami con una sola seduta diagnostica.

Come prepararsi alla PET?

Per prepararsi alla PET, è sufficiente mantenersi a digiuno per 6 ore. Nel caso di PET con 18F-FDG la sera precedente, è consigliato di attenersi a una dieta priva di carboidrati. Al paziente viene quasi sempre richiesto di svuotare la vescica prima del test, al fine di consentire una corretta visualizzazione degli organi.

In Humanitas sono disponibili ulteriori radiofarmaci oltre all’FDG. In particolare abbiamo la possibilità di eseguire la PET nell’ambito dei tumori neuroendocrini utilizzando il 68Gallio-DOTATOC, nell’ambito delle neoplasie della prostata utilizzando il 18F-PSMA e nell’ambito delle neoplasie cerebrali utilizzando la 11C-Metionina e la 18F-FET. 

Per effettuare la PET non è necessario spogliarsi, ma è consigliabile indossare un abbigliamento comodo. Inoltre, il paziente non deve avere addosso oggetti metallici di nessun tipo, poiché possono interferire con la corretta esecuzione dell’esame. 

Una volta che il test si è concluso, il paziente può uscire dal reparto senza che debba attenersi a precauzioni particolari. Le radiazioni emesse dai radiofarmaci utilizzati hanno infatti una “emivita” molto breve e si eliminano quasi totalmente durante la permanenza in reparto. L’esame è comunque controindicato per le donne in gravidanza per non far prendere inutili radiazioni al feto, considerando che viene sempre eseguita anche una TC.

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A cura di Maddalena Costa
A Milano torna StraWoman Humanitas: domenica 12 maggio si corre a fianco della prevenzione
Data articolo:Tue, 16 Apr 2024 12:29:01 +0000

Per il quarto anno Humanitas corre al fianco della prevenzione: il 12 maggio, con la tappa milanese di StraWoman – la corsa/camminata non competitiva dedicata alle donne (ma non solo) – ha inizio il tour in rosa di cui Humanitas è partner scientifico.

Presso il village della prevenzione – in Piazza Gino Valle (Portello, M5) – saranno presenti gli specialisti di IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Humanitas San Pio X e dei centri medici Humanitas Medical Care, con un’area dedicata a prevenzione e salute.

Al fianco degli specialisti Humanitas saranno presenti anche le testimonial di Sorrisi in Rosa, il progetto Humanitas nato per sensibilizzare sul tema della prevenzione senologica, a partire dall’esperienza di donne protagoniste di storie di malattia e rinascita. 

StraWoman, infatti, sosterrà Fondazione Humanitas per la Ricerca, charity partner dell’evento: in fase di iscrizione, tutte le partecipanti e i partecipanti potranno liberamente scegliere di supportare tramite una piccola donazione il progetto di ricerca Pink Union, dedicato alle patologie femminili.

Il village della prevenzione Humanitas Medical Care

Lo stand Humanitas Medical Care, all’interno del village della prevenzione, ospiterà diversi professionisti, fondamentali per il benessere di ognuno di noi, come nutrizionisti, fisioterapisti, fisiatri e infermieri, a disposizione di tutti i partecipanti con consulti e test gratuiti.

Ad attendere le partecipanti ci saranno anche speciali gadget targati Humanitas Medical Care e un photowall dove sarà possibile scattare e stampare foto ricordo.

Il programma della giornata

  • 9.00 – Ritrovo presso Piazza Gino Valle, ritiro kit gara e apertura village della prevenzione.
  • 9:30 – per tutte le partecipanti riscaldamento a ritmo di musica, a cura del dott. Tiago Toscanelli, fisioterapista presso Humanitas Medical Care
  • 10.00 – inizio della corsa/camminata a ritmo libero.
    Ciascuna partecipante potrà scegliere la propria andatura. I percorsi di 5 e 10 km permetteranno di scoprire (o riscoprire) il Parco Industria Alfa Romeo – Portello e il parco Monte Stella.

All’arrivo rinfresco finale, defaticamento, premiazioni e medaglia di partecipazione

Come partecipare 

La quota di iscrizione comprende t-shirt tecnica, bag e pettorale gara, medaglia di partecipazione, ristoro finale, gadget offerti dai partner dell’evento, assicurazione gara e assistenza medica.

La Ricerca continua a correre

Il legame tra salute e Ricerca è infinitamente importante: dietro ogni gesto di cura, infatti c’è la Ricerca. E ognuno di noi può fare tanto.

Come? Scegliendo di devolvere il 5×1000 alla Ricerca Sanitaria con il C.F. 10125410158, nella dichiarazione dei redditi.

Un gesto semplice – basta una crocetta – e che non costa nulla, ma che permette di sostenere medici e ricercatori dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas impegnati ogni giorno per migliorare le cure, aprire nuove vie di diagnosi precoce, individuare terapie sempre più efficaci per tante malattie, dai tumori alle patologie del sistema immunitario.

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A cura di msapone
Anche Humanitas Dental Center aderisce alla Settimana per la Salute della Donna
Data articolo:Thu, 11 Apr 2024 15:24:30 +0000

Dal 18 al 24 aprile torna la Settimana per la Salute della Donna, un momento di informazione e condivisione dedicato alla salute femminile. Anche il Dental Center dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano aderisce all’iniziativa, con una settimana di visite odontoiatriche rivolte alla popolazione femminile.

La salute orale, infatti, è un elemento fondamentale della salute dell’organismo e il pubblico femminile deve considerare anche che i denti e le gengive possono essere influenzati dalle modifiche ormonali tipiche di vari momenti della vita: dalla pubertà, al ciclo mestruale, alla gravidanza, al periodo di menopausa. L’azione degli ormoni, infatti, influisce su vari elementi fondamentali per la salute delle gengive, come l’afflusso di sangue e la formazione di placca batterica. Queste infezioni gengivali di origine tipicamente batterica, se non adeguatamente trattate, possono diffondersi all’organismo provocando una serie di complicanze.

Le patologie del cavo orale 

La popolazione femminile può presentare disturbi a carico delle gengive in concomitanza delle mestruazioni. Nei giorni che precedono le mestruazioni, infatti, è possibile sviluppare alterazioni gengivali, con gengive più gonfie della norma e sanguinanti, ma anche afte e/o herpes labiali.

Le gengiviti sono inoltre caratteristiche della gravidanza, periodo durante il quale è possibile sviluppare un accumulo di placca in sede di bordo gengivale superiore alla norma, con una conseguente irritazione delle gengive.

Le gengiviti si possono riconoscere per i sintomi caratteristici, che comprendono il rigonfiamento delle gengive, che tendono ad assumere un colore rossastro, l’infiammazione, e il sanguinamento.
Questi sintomi possono ripresentarsi con particolare intensità durante la menopausa, accompagnati da dolore e fastidio nel cavo orale, sensazione di secchezza delle fauci e possibili alterazioni del gusto.

Settimana per la Salute della Donna: come funzionano le visite al Dental Center?

La visita odontoiatrica che verrà offerta alle pazienti che lo desiderano presso l’IRCCS Istituto Clinico di Rozzano prevede un primo momento di colloquio, in cui l’esperto odontoiatra ascolterà le informazioni riportate dalla paziente: da eventuali sintomi, alle proprie condizioni di salute, alle abitudini quotidiane. 

Dunque verrà esaminato il cavo orale, prestando attenzione ai denti e alle gengive, ma anche alle condizioni di salute di lingua e guance, per valutare l’eventuale presenza di patologie oppure di problemi all’arcata dentale come malocclusione o disallineamento. Al termine della visita l’esperto indicherà le possibili soluzioni terapeutiche, dai trattamenti alle norme di igiene personale.

Le visite odontoiatriche si svolgeranno dal 18 al 24 aprile, dalle 9.00 alle 19.00 presso il Dental Center dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, a Rozzano in via Alessandro Manzoni 59 – Building 2.

È possibile prenotare la visita o richiedere ulteriori informazioni al 02 82246868.

Direttore Sanitario per i Servizi Odontoiatrici: Dott. Robles Rodriguez Sergio – Iscr. all’Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n.1141.

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A cura di Valeria Leone
Parkinson: quali sono i sintomi?
Data articolo:Wed, 10 Apr 2024 07:32:39 +0000

La malattia di Parkinson è una condizione neurologica comune che si verifica quando la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per la regolazione di diverse funzioni dell’organismo, tra cui il controllo del movimento, il comportamento, l’umore e il sonno, diminuisce significativamente a causa della degenerazione dei neuroni nella “sostanza nera” del cervello. 

Il Parkinson è il più frequente tra i cosiddetti disordini del movimento ed è la malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. L’esordio tipico è dopo i 65 anni di età, ma sono in aumento i casi tra le persone intorno ai 40 anni.

Quali sono i sintomi del Parkinson e come si diagnostica? Ne parliamo con il professor Alberto Albanese, Responsabile dell’Unità di Neurologia I in Humanitas e Presidente dell’International Association of Parkinsonism and Related Disorders.

Parkinson: i sintomi iniziali

Il tremore a riposo tipico associato al Parkinson non è l’unico segno da tenere in considerazione, specialmente perché potrebbe presentarsi più avanti, quando la malattia è già avanzata.

Il Parkinson potrebbe manifestarsi con sintomi aspecifici, che possono essere ritenuti segnali precoci. Ne sono un esempio:

Parkinson: come si diagnostica?

Il neurologo per la diagnosi clinica valuta:

  • la storia clinica e familiare del paziente
  • la presenza di sintomi e segni neurologici.

Potrebbe inoltre richiedere l’esecuzione di esami quali:

  • Risonanza magnetica nucleare ad alto campo
  • SPECT DATscan
  • PET cerebrale
  • scintigrafia del miocardio
  • test neurofisiologici del sistema nervoso autonomo.

Quali cure per il Parkinson?

Il Parkinson è una malattia progressiva e pertanto con il passare del tempo potrebbe peggiorare.

A oggi non esiste una cura, ma il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare alleviano i sintomi. Tra i principali farmaci troviamo la levodopa (in genere in combinazione con un inibitore della dopa-decarbossilasi e un inibitore delle COMT), gli agonisti della dopamina e gli inibitori MAO-B (Inibitore della monoamino ossidasi).

Il Congresso nazionale 2024

Si terrà a Milano dal 10 al 12 Aprile, in concomitanza con la Giornata Mondiale del Parkinson, il decimo Congresso della Società Italiana Parkinson e Disordini del Movimento/LIMPE-DISMOV ETS, a presiedere il congresso il professor Alberto Albanese.

Il programma prevede argomenti di rilievo clinico e traslazionale come le demenze, i disturbi funzionali, le alterazioni psichiche e comportamentali nel Parkinson, i disturbi del movimento nelle malattie internistiche. Vi sarà inoltre una Sessione Internazionale dedicata alla patogenesi e alla terapia e vi sarà l’offerta di corsi di formazione dedicati a infermieri, psicologi, fisioterapisti e logopedisti, per assicurare ai pazienti una presa in carico sempre più globale e personalizzata.

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A cura di msapone
Anche Humanitas partecipa ad Asma Zero Week con visite specialistiche gratuite
Data articolo:Tue, 09 Apr 2024 09:23:50 +0000

Dal 13 al 17 e dal 27 al 31 maggio 2024, si terrà in tutta Italia ASMA ZERO WEEK: un evento, arrivato alla sua ottava edizione, che offre ai pazienti con asma consulenze specialistiche gratuite. L’iniziativa è promossa da Federasma e Allergie Onlus, in collaborazione con Respiriamo Insieme APS, e con il patrocinio della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) e della Società Italiana di Pneumologia (SIP).

Obiettivo dell’evento è quello di sensibilizzare sull’asma e sui suoi sintomi e di offrire ai pazienti con una diagnosi di asma e a quelli con il sospetto diagnostico di asma bronchiale, la possibilità di effettuare una visita specialistica gratuita presso i Centri che hanno aderito all’iniziativa, al fine di controllare l’andamento della malattia e ricevere prescrizioni in merito alla sua gestione. Chi, infatti, presenta una sintomatologia asmatica che comporta il ricorso a broncodilatatori al bisogno più di due volte alla settimana o all’utilizzo di cortisone orale per contenerla, potrebbe avere sintomi non controllati e soffrire di asma grave, per cui oggi sono disponibili terapie specifiche.

Anche Humanitas partecipa all’iniziativa, con visite specialistiche gratuite con gli specialisti del Centro Medicina Personalizzata Asma e Allergologia

Per prenotare occorre chiamare a partire dall’8 aprile 2024 il numero verde 800 628989, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 (esclusi i giorni festivi). Per maggiori informazioni, clicca qui

Asma: l’importanza di una gestione corretta

L’asma è una malattia infiammatoria cronica a carico delle vie respiratorie. Oggi, grazie alle conoscenze e ai trattamenti disponibili, è possibile ridurre o annullare l’impatto della malattia sulla vita quotidiana, prevenirne le riacutizzazioni e controllarne il decorso.

È fondamentale però che l’asma sia diagnosticata, trattata e gestita in maniera corretta, al fine di evitare conseguenze anche gravi. Per questo è importante che i pazienti asmatici siano informati sui rischi legati a un’inappropriata gestione della malattia e all’uso eccessivo dei farmaci da assumere solo al bisogno (broncodilatatore a breve durata d’azione) o dei corticosteroidi orali, e che si sottopongano periodicamente a controlli specialistici clinici e funzionali (esami spirometrici) per valutare lo stato della malattia e l’adeguatezza del trattamento.

Per ulteriori informazioni, clicca qui.

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A cura di msapone
Colite ulcerosa e malattia di Crohn: a cosa serve l’ecografia delle anse intestinali
Data articolo:Mon, 08 Apr 2024 14:07:12 +0000

L’ecografia delle anse intestinali è un esame utile per la diagnosi, il follow-up e la valutazione di eventuali complicanze nelle persone con malattia di Crohn e colite ulcerosa, le due malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o IBD in inglese). Si tratta infatti di una metodica non invasiva, semplice da eseguire per il paziente perché non richiede alcuna preparazione, che fornisce una grande quantità di informazioni sullo stato di salute dell’intestino. 

Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Cristina Bezzio, gastroenterologa presso il Centro per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. 

Che cos’è l’ecografia delle anse intestinali? 

L’ecografia delle anse intestinali è una metodica non invasiva per la quale viene utilizzato un ecografo standard con settaggi specifici e sonde dedicate. Si tratta di un esame vantaggioso poiché non prevede una preparazione complessa, ma solamente il digiuno nelle 2-3 ore precedenti l’esame e l’esecuzione del test a vescica vuota o semivuota. 

Durante l’ecografia il paziente si pone in posizione supina e il medico, attraverso la compressione diretta dall’esterno dell’addome con la sonda ecografica, valuta l’intestino che appare sul monitor dello strumento con delle immagini bidimensionali in bianco e nero. In questo esame vengono valutate tutte le parti dell’intestino, con particolare attenzione alla parte posta tra il colon e lo stomaco, non valutabile attraverso gastroscopia e colonscopia convenzionali. 

Perché è importante la valutazione della parete intestinale? 

Analizzare lo stato della parete intestinale è fondamentale poiché, nella malattia di Crohn e nella colite ulcerosa, si verificano modificazioni della parete intestinale infiammata, con un aumento dello spessore e dalla contemporanea perdita della stratificazione regolare e l’aumento del flusso di sangue che arriva in quel tratto dell’intestino.

Un’ansa intestinale infiammata, infatti, è anche un’ansa intestinale iper-vascolarizzata: grazie all’ecografia con il doppler è possibile valutare l’afflusso di sangue nella singola ansa. In presenza di un aumento dell’afflusso è possibile che vi sia effettivamente un’attività infiammatoria di malattia.

Altri elementi importanti da valutare sono la motilità e il contenuto intestinale e l’eventuale presenza di linfonodi

Colite ulcerosa e malattia di Crohn: quando è utile l’ecografia delle anse intestinali? 

L’ecografia è utile in fase diagnosi, poiché i sintomi delle MICI sono spesso sovrapponibili a quelli di condizioni diverse, aspetto questo che può influire sul percorso di diagnosi, rendendolo più lento e complesso. L’ecografia, invece, è una metodica non invasiva che riesce a discriminare in modo rapido gli aspetti meritevoli di ulteriore approfondimento diagnostico e quelli invece riferibili alla sindrome dell’intestino irritabile (IBS), patologia funzionale dell’intestino che si verifica più frequentemente delle MICI. 

L’ecografia è anche uno strumento fondamentale nel monitoraggio della risposta alla terapia, dell’attività di malattia, e della recidiva post-chirurgica perché accurata, ripetibile, rapida da eseguire per un operatore esperto e ben tollerata dai pazienti. Infine, l’ecografia delle anse intestinali è utile anche nella valutazione delle complicanze della malattia di Crohn, perché riesce a visualizzare la presenza di stenosi, fistole e ascessi

Quali sono i vantaggi dell’ecografia delle anse intestinali? 

Come abbiamo specificato, l’ecografia delle anse intestinali non richiede preparazione specifica, fornisce un alto numero di informazioni, si esegue rapidamente e può essere svolta anche in corso di visita poiché può essere effettuata direttamente dal gastroenterologo. Da questo punto di vista, è importante scegliere per l’ecografia un Centro di riferimento con medici specializzati in questa metodica e nelle malattie infiammatorie croniche intestinali. Infatti, per quanto si utilizzi un ecografo tradizionale, lo studio delle anse intestinali prevede un settaggio particolare e delle sonde specifiche e una particolare conoscenza della MICI.

Visita specialistica gastroenterologia – IBD

La visita specialistica in gastroenterologia – IBD (Malattie Infiammatorie Intestinali) serve a diagnosticare, valutare e gestire condizioni come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa.

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A cura di msapone
Chirurgia addominale: i vantaggi della laparoscopia
Data articolo:Mon, 08 Apr 2024 13:54:52 +0000

La chirurgia laparoscopica, ossia la chirurgia non invasiva nell’ambito degli interventi addominali, ha avuto un incremento negli ultimi decenni grazie ai vantaggi evidenti che comporta per quanto riguarda sia la riduzione del dolore, sia la velocità di recupero post operatorio e la miglior resa estetica dell’area trattata.

Oggi la chirurgia laparoscopica è utilizzata in molti campi (per esempio in chirurgia ginecologica, urologia, etc) e in chirurgia generale trova impiego in diverse tipologie di intervento, come la colecistectomia, l’appendicectomia e alcuni interventi per ernia addominale, ma anche in chirurgia oncologica. 

Ne parliamo con il dottor Stefano Bona, Responsabile della sezione Chirurgia Generale e Day Surgery dell’unità di Chirurgia Generale e Digestiva presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. 

Come funziona la chirurgia laparoscopica 

La chirurgia laparoscopica prevede di sostituire ai classici tagli l’utilizzo di cannule attraverso cui vengono introdotti all’interno dell’addome una telecamera e gli strumenti chirurgici per effettuare l’intervento. Generalmente vengono utilizzati strumenti con un diametro compreso tra 5 e 12 mm, mentre le cannule tramite cui inserirle hanno un diametro leggermente superiore. Nel corso degli anni, lo sviluppo tecnologico per questo tipo di chirurgia è stato finalizzato a cercare di ridurre ulteriormente la dimensione dei piccoli tagli necessari a inserire le cannule e gli strumenti, cercando quindi di mettere a disposizione dei chirurghi strumenti sempre più sottili.

Oggi alcuni strumenti sono così sottili da risultare simili ad aghi, potendo essere addirittura introdotti senza l’ausilio delle cannule, ma attraverso piccoli tagli (potremmo definirli “buchi”) di soli 2,4 mm. Per rendere l’idea, questi minuscoli strumenti sono più fini dell’anima di una comune penna a sfera. In questo modo si riduce drasticamente il trauma dei tessuti, il dolore scompare e così le cicatrici. 

La chirurgia laparoscopica negli interventi di appendicectomia

La chirurgia laparoscopica è il trattamento più comune per risolvere episodi di appendicite, ossia di infiammazione dell’appendice, frequente in particolar modo tra i 10 e i 30 anni. L’appendicite è provocata soprattutto dall’accumulo di materiale all’interno dell’appendice, una piccola sacca posta a livello del primo tratto dell’intestino crasso. L’infiammazione produce una sintomatologia specifica, caratterizzata da un forte dolore a livello addominale, in basso a destra, a cui tendono ad associarsi sintomi come gonfiore, nausea, vomito, febbre e a volte disturbi dell’evacuazione e della minzione. 

Il trattamento chirurgico per l’appendicite, ossia la rimozione dell’appendice (appendicectomia), avviene come abbiamo detto tendenzialmente per via laparoscopica, con tre microscopiche incisioni a livello di ombelico, fianco sinistro e area sovrapubica. Al momento del risveglio dall’anestesia è possibile avvertire dolore in area addominale, ma il pronto recupero garantito dalla chirurgia laparoscopica consente di tornare al proprio domicilio in 24-48 ore. Normalmente, l’intervento di appendicite è programmabile, ma nei casi più severi questa evolve rapidamente in peritonite, caratterizzata da dolori lancinanti e vomito incontrollato, comportando un immediato accesso al Pronto Soccorso. 

La chirurgia laparoscopica negli interventi di colecistectomia 

L’intervento di colecistectomia, invece, è una procedura chirurgica che prevede la rimozione della colecisti (più conosciuta come cistifellea) in presenza di formazione di calcoli. La colecisti è posta nella parte superiore destra dell’addome, sotto il fegato, ed è deputata al raccoglimento della bile escreta dal fegato per immetterla nell’intestino durante la digestione.

La bile, in determinate condizioni associate a sesso, età, gravidanza, sovrappeso o ereditarietà, può essere più densa e comportare lo sviluppo di calcoli, che possono essere asintomatici o provocare dolore, in particolar modo dopo i pasti (calcoli biliari). Anche la colecisti, come l’appendice, può essere rimossa nella sua interezza, per evitare un successivo accumulo di calcoli, con un intervento di chirurgia laparoscopica che può essere eseguito anche in Day-Hospital.

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A cura di msapone
Timpano perforato, otosclerosi e otite cronica: i vantaggi della chirurgia endoscopica
Data articolo:Mon, 08 Apr 2024 13:51:36 +0000

Le patologie otologiche dell’orecchio medio, come le otiti, croniche semplici o colesteatomatose, l’otosclerosi, e la perforazione timpanica, vengono spesso diagnosticate in ritardo. Le persone tendono infatti ad adattarsi ai sintomi di questi disturbi, come la progressiva perdita dell’udito, fino a quando non risultano invalidanti. Una diagnosi precoce, invece, può essere fondamentale per trattare le patologie otologiche in maniera efficace e mininvasiva. 

Ne parliamo con il dottor Domenico Villari, otorinolaringoiatra presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Otite media: che cos’è

Con orecchio medio intendiamo quell’area dell’orecchio composta da membrana timpanica e apparato di trasmissione (catena ossiculare), deputata alla trasmissione del suono dall’orecchio esterno, quindi da padiglione auricolare e condotto uditivo, all’orecchio interno, dove verrà trasformato in impulso nervoso. 

L’otite media è una patologia che interessa quest’area dell’orecchio, causando infezioni e danni a membrana e catena ossiculare. L’otite può essere bilaterale o monolaterale e si caratterizza per due sintomi principali

  • otorrea recidivante, ossia una secrezione purulenta, provocato dall’infezione, che fuoriesce dall’orecchio 
  • progressiva perdita dell’udito

Alcune volte queste manifestazioni sono associate a dolore all’orecchio (otalgia), che però non è il sintomo principale come accade con le forme di otiti acute.

In presenza di otite è opportuno evitare il contatto con l’acqua, perché potrebbe favorire la proliferazione di germi nell’orecchio e peggiorare l’infezione. Sono dunque da evitare i bagni in piscina e al mare, ma bisogna prestare anche attenzione nella quotidianità alle semplici docce.

Timpano perforato: cos’è e quali sono i sintomi

La membrana del timpano può anche lacerarsi: parliamo in questo caso di perforazione timpanica. La lacerazione può essere provocata da un trauma (acustico, pressorio, per penetrazione di corpi estranei come i cotton fioc, o di un grave trauma cranico) ma anche essere conseguenza di episodi ricorrenti di otite media acuta. La presenza della perforazione di un timpano può condizionare la qualità della vita della persona interessata. Il timpano, infatti, è uno strumento fondamentale per l’udito e per la salute dell’orecchio: colpito dalle onde sonore, il timpano vibra dando inizio al processo di trasformazione delle onde sonore in impulsi nervosi, inoltre la sua membrana protegge anche l’orecchio medio da agenti esterni e batteri e quindi dalle infezioni

I sintomi del timpano perforato sono:

In caso di perforazione traumatica acuta (ad esempio post-trauma):

In caso di perforazione dovuta a eventi infettivi acuti recidivanti:

  • calo dell’udito (ipoacusia)
  • acufene (rumore all’orecchio)
  • otorrea recidivante.

La perdita dell’udito che si riscontra in un paziente con perforazione timpanica può essere temporanea, ma il sintomo può peggiorare a causa di otiti acute recidivanti causate dalla maggiore suscettibilità dell’orecchio medio alle infezioni avendo perso l’azione protettiva della membrana

La terapia delle otiti croniche con perforazione del timpano è chirurgica, riparando la membrana con materiale autologo, cioè prelevato dal paziente stesso.

L’otite cronica semplice, con o senza perforazione del timpano, può anche evolvere in colesteatoma, ossia un accumulo di detriti di cellule epidermiche in disfacimento e granuli di colesterina, che formano una cisti di colorito bianco perlaceo, che si sviluppa all’interno dell’orecchio medio con proprietà corrosive sulle strutture ossee che formano le pareti dell’orecchio medio e sulla catena ossiculare. Il colesteatoma è una patologia infiammatoria molto più grave della semplice perforazione del timpano in quanto, oltre a determinare perdita progressiva dell’udito e otorrea recidivante, può provocare complicanze invalidanti per il paziente, quali paralisi facciali e vertigini, e anche altre a rischio vita, quali meningiti e ascessi cerebrali. 

La terapia del colesteatoma è chirurgica e prevede l’asportazione di tutto il tessuto infiammatorio e la ricostruzione della membrana e della catena ossiculare.

Otosclerosi: una frequente causa di ipoacusia acquisita in età giovanile

L’otosclerosi è invece un disturbo che comporta una riduzione o perdita dell’udito (ipoacusia). Si tratta di una malattia ereditaria a eziologia multifattoriale e non ancora del tutto conosciuta che nel 70-80% dei pazienti è bilaterale, cioè interessa entrambe le orecchie.

È dovuta alla trasformazione distrofica dell’osso che contiene l’apparato recettoriale dell’organo uditivo (capsula otica) e si manifesta, nelle prime fasi della malattia, con il blocco del più piccolo ossicino della catena, la staffa.

I principali sintomi dell’otosclerosi sono la progressiva perdita dell’udito e gli acufeni, mentre più rare e associate agli stadi più avanzati della patologia sono le vertigini.

L’otosclerosi si sviluppa generalmente tra i 20 e i 40 anni e interessa in particolar modo la popolazione femminile, in cui peggiora in alcune fasi della vita, come il primo flusso mestruale (menarca), la gravidanza o la menopausa, a causa dell’influenza nella determinazione della patologia del ciclo estro-progestinico.

La terapia è protesica e può essere praticata in modo convenzionale con i classici apparecchi applicati per via esterna, o per via chirurgica, inserendo una microprotesi al posto dell’ossicino bloccato (staffa), all’interno dell’orecchio medio.

I vantaggi della chirurgia endoscopica

Per trattare queste patologie si può ricorrere alla chirurgia endoscopica, un approccio innovativo e mininvasivo che non richiede incisioni retro-auricolari ma interviene attraverso il condotto uditivo esterno e ha una durata di intervento molto breve e un recupero funzionale veloce.

Tutti gli interventi per otosclerosi e per le perforazioni del timpano possono essere eseguiti per via endoscopica, per le seconde si utilizza materiale prelevato dall’orecchio del paziente stesso (prevalentemente cartilagine) mediante microincisioni.

Per i colesteatomi, la possibilità di praticare un intervento mininvasivo dipende dalla precocità con cui viene posta la diagnosi, in quanto la via endoscopica esclusiva non è praticabile nelle forme avanzate della patologia.

L’utilizzo della via endoscopica in fase diagnostica durante le visite ambulatoriali permette anche una diagnosi precoce di queste patologie.

Gli specialisti dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria, guidata dal professor Giuseppe Spriano, lavorano in sinergia nella valutazione dei casi clinici al fine di individuare il percorso di cura più adatto alle caratteristiche della persona.

È dunque importantissimo non sottovalutare i sintomi della sfera otologica, in particolare una progressiva perdita dell’udito che può nascondere problemi anche gravi.

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A cura di msapone
Asma: che cos’è il test Feno e a cosa serve
Data articolo:Mon, 08 Apr 2024 13:08:29 +0000

L’asma è una condizione respiratoria cronica dalla quale sono colpite più di 300 milioni di persone in tutto il mondo, con una prevalenza in aumento in Italia (circa il 6% della popolazione). È caratterizzata da un’infiammazione cronica delle vie aeree che porta a sintomi respiratori (dispnea, respiro sibilante, senso di costrizione toracica e tosse) che possono variare nel tempo e nell’intensità. 

La sua diagnosi può essere difficile, poiché l’asma non è una singola malattia ma una condizione complessa con diverse caratteristiche che ne determinano diversi “fenotipi”. I sintomi possono essere sottovalutati dal paziente e alcuni esami, come per esempio la spirometria e il test di broncodilatazione, pur essendo necessari, talvolta non sono completamente esaustivi per arrivare a una diagnosi e caratterizzare al meglio tale patologia. 

L’asma è una patologia con una base di tipo infiammatoria, pertanto una misurazione diretta dell’infiammazione può essere di fondamentale importanza. In questo senso, la misurazione dell’Ossido Nitrico Esalato (FeNO test) è utilizzata come strumento non invasivo e di facile valutazione, talvolta nel processo diagnostico ma soprattutto risulta di particolare importanza per la gestione dell’asma

Come funziona il test? Ne parliamo con il dottor Giovanni Paoletti, specialista del Centro di Medicina Personalizzata: Asma e Allergologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Il Test del FeNO: che cos’è e come funziona?

Il test è utile per verificare l’infiammazione delle vie aeree tramite la misurazione dell’ossido nitrico esalato, ritenuto un marcatore di infiammazione. L’ossido nitrico è una molecola presente nell’aria espirata, ma quando la sua concentrazione aumenta, suggerisce un’infiammazione delle basse e alte vie aeree.

Questo test è utile per la stratificazione dei pazienti con asma in base al coinvolgimento infiammatorio delle vie aeree e per monitorare l’efficacia dei trattamenti.

L’esame non è invasivo e richiede che la persona inspiri profondamente e poi espiri attraverso un boccaglio collegato a un misuratore per circa 10 secondi.

Se i risultati iniziali mostrano valori superiori ai limiti di norma, al paziente viene in genere suggerita una valutazione dall’allergologo o dallo pneumologo. Nel caso in cui l’aumento dei valori si verifichi durante un esame di controllo, può essere suggestivo di insufficiente gestione della malattia e pertanto potrebbe essere rivalutata la terapia in corso.

I vantaggi del test del FeNO

Il test presenta una serie di vantaggi nella gestione dell’asma, sia negli adulti che nei bambini:

  • Nel processo di diagnosi, valori elevati di FeNO in pazienti con sintomi suggestivi per asma confermano la necessità di eseguire ulteriori esami. Valori bassi di FeNO sono raramente associati a una diagnosi finale di asma e quindi dovrebbero suggerire di investigare altre possibili diagnosi differenziali. Queste evidenze hanno portato il NICE (Istituto Nazionale inglese per la Salute e l’Eccellenza Clinica) a raccomandare l’integrazione del test del FeNO nel percorso diagnostico per tale patologia.
  • Nella valutazione della risposta al trattamento con corticosteroidi inalatori, valori elevati di FeNO sono associati a una probabilità aumentata di ottenere un miglioramento dei sintomi dell’asma dopo aver iniziato (o aumentato) il trattamento con corticosteroidi inalatori.
  • Nella valutazione dell’aderenza al trattamento con corticosteroidi inalatori (ovvero nella verifica di quanto il paziente segue la terapia prescritta), i pazienti non aderenti tendono ad avere livelli più elevati di FeNO nonostante il trattamento somministrato, e il cosiddetto “test di soppressione del FeNO” dovrebbe essere eseguito in tutti i pazienti che non rispondono adeguatamente alla terapia impostata, in particolare negli asmatici difficili da trattare.
  • Nel processo di fenotipizzazione degli asmatici gravi è un utile biomarcatore per scegliere un trattamento con i farmaci biologici: infatti il FeNO è uno dei principali biomarcatori dell’infiammazione di tipo 2; inoltre, i pazienti con alti livelli di FeNO sono quelli che hanno la più alta probabilità di rispondere ai trattamenti con farmaci biologici attualmente disponibili per trattare l’asma severa.

L’uso del test FeNO è adatto e raccomandabile sia negli adulti che nei bambini, e dovrebbe essere implementato e incoraggiato poiché si è dimostrato vantaggioso quando applicato nella gestione dei pazienti con sospetta o certa diagnosi di asma.

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A cura di msapone
Gastroenterite, i sintomi più comuni
Data articolo:Thu, 04 Apr 2024 15:08:54 +0000

La gastroenterite (comunemente detta virus intestinale o influenza intestinale) è un’infezione che colpisce l’apparato gastrointestinale, che si manifesta con sintomi molto comuni e che in genere ha una breve durata.

La gastroenterite è un’infezione la cui causa può essere virale o batterica. I batteri più frequentemente responsabili sono salmonella, campylobacter e clostridium difficile, mentre i virus più comunemente coinvolti sono rotavirus e norovirus.

Il contagio avviene attraverso le mani e per via orale, e anche mediante cibo contaminato e acqua. Lavare sempre le mani in maniera accurata è fondamentale per la prevenzione.

Quali sono i sintomi della gastroenterite e cosa mangiare? Ne parliamo con il dottor Antonio Capogreco, gastroenterologo presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

I sintomi della gastroenterite

La gastroenterite può coinvolgere sia lo stomaco sia l’intestino, con i seguenti sintomi

Questi sintomi accomunano la quasi totalità dei pazienti, possono poi esserci sintomi variabili, meno comuni, come per esempio la febbre (che potrebbe essere segnale di un’infezione più seria).

Altri sintomi possono essere:

Quanto dura la gastroenterite?

I sintomi hanno esordio improvviso e regrediscono nel giro di qualche giorno: questo è il tratto distintivo della gastroenterite.

Bisogna prestare attenzione quando i sintomi persistono oltre 5-7 giorni, magari con febbre ricorrente. Questo rappresenta un campanello di allarme, soprattutto nei bambini e negli anziani, più suscettibili a complicanze come la disidratazione.

Cosa mangiare con la gastroenterite?

Innanzitutto è bene cercare di compensare le perdite bevendo tanta acqua: in presenza di vomito o di diarrea infatti si perdono molti liquidi e la reintroduzione aiuta a riequilibrare. 

È bene poi non digiunare, ma mangiare leggero ed evitare frutta e verdura, privilegiando alimenti facilmente digeribili come:

  • pane
  • pasta
  • patate
  • riso
  • banane
  • pesce
  • carne bianca
  • mele.

Come si cura la gastroenterite?

In caso di diarrea, oltre all’assunzione di molti liquidi, il medico potrebbe suggerire la somministrazione di fermenti lattici che possono aiutare a ripristinare la flora batterica intestinale buona.

In caso di sintomi importanti, possono poi essere utili farmaci antiemetici, che riducono il vomito, o antibiotici in caso di sospetta/confermata malattia ad origine batterica. Sono, inoltre, sconsigliati i farmaci che riducono la motilità dell’apparato digerente in quanto non consentono l’eliminazione del germe e, quindi, possono peggiorare la sintomatologia. In caso di severa disidratazione è indicato un ricovero ospedaliero per reintegrare l’acqua e i sali persi.

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A cura di msapone
Onda: (H)-Open Week sulla salute della donna, in Humanitas consulti ed esami gratuiti per la prevenzione femminile
Data articolo:Wed, 03 Apr 2024 14:55:25 +0000

In occasione della Giornata Nazionale della Salute della Donna del 22 aprile, alla sua nona edizione, torna la (H) Open Week promossa da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), una settimana di prevenzione dedicata alla popolazione femminile, con l’obiettivo di promuovere l’informazione e i servizi per la prevenzione e la cura delle principali patologie femminili.

Un tema da sempre caro a Onda che nel 2007 ha istituito i Bollini rosa, il riconoscimento conferito agli ospedali italiani vicini alle donne, in grado di offrire servizi dedicati alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle principali patologie al femminile. 

Negli ospedali premiati con i Bollini rosa che hanno aderito all’iniziativa, saranno offerti consulti ed esami diagnostici gratuiti in varie aree specialistiche, tra cui ginecologia, senologia, reumatologia, pneumologia ed endocrinologia.

Anche Humanitas partecipa all’iniziativa: da giovedì 18 a mercoledì 24 aprile, presso gli ambulatori Humanitas Medical Care di Assago, Fiordaliso (Rozzano) e Premuda (Milano), saranno disponibili su prenotazione consulti ed esami gratuiti senologici, ginecologici, endocrinologici, reumatologici e pneumologici. È un’occasione preziosa, pensata soprattutto per quelle donne che non si sono mai sottoposte a controlli di prevenzione delle principali patologie femminili. 

Prevenzione senologica

Sebbene l’incidenza del tumore della mammella resti alta, negli anni si è registrato un importante calo della mortalità e un aumento del tasso di guarigione anche grazie a tempestivi controlli di routine e alla diagnosi precoce.

La diagnosi precoce è infatti fondamentale per una risoluzione favorevole della malattia ed è dunque importante che ogni donna osservi il proprio corpo, si sottoponga regolarmente a controlli ecografici o mammografici a seconda dell’età e noti (senza sottovalutarlo) ogni cambiamento relativo al seno.

I consulti saranno effettuati dal dottor Andrea Sagona, senologo e ginecologo, presso il centro medico Humanitas Medical Care Fiordaliso – Rozzano venerdì 19 aprile 2024 dalle 11.30 alle 12.00.

Prevenzione ginecologica

Anche l’attenzione alle patologie ginecologiche è un passaggio importante per la salute femminile. Sottoporsi a controlli ed esami regolari, seguendo le indicazioni dello specialista in ginecologia a seconda della propria fascia di età, è fondamentale anche per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori ginecologici. I programmi di screening sono l’unico modo per individuare e trattare i tumori al loro stadio iniziale, quando i trattamenti possono essere poco invasivi e la prognosi più favorevole.

I consulti saranno effettuati dalla dottoressa Angela Pipari, ginecologa, presso il centro medico Humanitas Medical Care di Assago giovedì 18 aprile dalle 18.45 alle 19.45.

Prevenzione reumatologica

Le patologie reumatologiche interessano in particolar modo le donne, pertanto una corretta informazione presso il pubblico femminile è fondamentale per poterle trattare efficacemente e precocemente. 

I consulti saranno effettuati dalla dottoressa Elisa Pedrollo, reumatologa, presso il centro medico Humanitas Medical Care di Assago giovedì 18 aprile dalle 8.30 alle 10.30.

Prevenzione endocrinologica

Le malattie tiroidee sono da 5 a 10 volte più frequenti nella popolazione femminile rispetto a quella maschile, con un trend che risulta in crescita continua. Sono patologie caratterizzate da sintomi aspecifici o addirittura da assenza di sintomi, per cui è fondamentale, a fronte di un sospetto clinico generalmente evidenziato dal medico di base, ricorrere a un consulto endocrinologico.

I consulti saranno effettuati dalla dottoressa Flaminia Carrone, endocrinologa e diabetologa, presso il centro medico Humanitas Medical Care Premuda giovedì 18 aprile dalle 14.30 alle 15.30.

Spirometria

La spirometria è un esame semplice e non invasivo finalizzato a indagare la funzionalità respiratoria. È fondamentale sia per la diagnosi che per il monitoraggio di diverse malattie polmonari e delle vie aeree. Grazie a questo esame, infatti, è possibile determinare la capacità polmonare e i volumi d’aria mobilizzati con il respiro.

Sarà possibile sottoporsi gratuitamente alla spirometria presso il centro medico Humanitas Medical Care Fiordaliso – Rozzano martedì 23 aprile dalle 11.15 alle 12.00.

L’impegno per la Ricerca sulle patologie femminili

L’impegno di Humanitas nella Ricerca di nuove terapie per le patologie femminili più comuni è rappresentato da Pink Union by Fondazione Humanitas per la Ricerca.

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A cura di msapone
Cane e gatto: i sintomi dell’allergia
Data articolo:Wed, 03 Apr 2024 14:32:25 +0000

L’allergia agli animali domestici come gatto e cane sono molto comuni e provocano disturbi respiratori e reazioni cutanee negli allergici, sia adulti sia in età pediatrica. 

La reazione allergica è solitamente scatenata da proteine contenute nella saliva e nella forfora degli animali come cane e gatto, e più raramente da acari che si annidano nel loro pelo. Se un paziente sensibile a questi allergeni vi entra a contatto, soprattutto in ambienti chiusi, può sviluppare in poco tempo disturbi respiratori, che vanno da una semplice oculorinite allergica con naso chiuso o che cola, starnuti, bruciore a occhi e gola, a veri e propri attacchi di asma. 

Approfondiamo l’argomento con il professor Enrico Heffler, capo sezione autonoma Centro di Medicina Personalizzata: Asma e Allergologia dell’IRCCS Istituto Clinico Rozzano e Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica di Humanitas University.

Allergia gatto e cane: quali sono i sintomi 

Le reazioni allergiche che si sviluppano dopo esposizione o contatto con animali (come gatti, cani, porcellini d’india o cavalli) o con i loro allergeni, che possono permanere in una stanza chiusa per diversi mesi, derivano a una reazione errata del sistema immunitario che interpreta come pericolose sostanze che, di fatto, non lo sono. Le reazioni più comuni sono quelle respiratorie, che possono manifestarsi in forma di rinite allergica o asma, ma anche cutanee, con lo sviluppo di reazioni orticarioidi in sede di contatto con il pelo degli animali. 

Tra le allergie più comuni agli animali domestici figura quella provocata dal gatto: la cui saliva, urina, feci, sudore e forfora si depositano sul pelo e vengono quindi lasciate dall’animale sui mobili e negli ambienti dove vive. Di solito gli individui allergici ai gatti sperimentano reazioni piuttosto immediate e violente, così come chi è allergico al cavallo, anche se i contatti con questo tipo di animale sono meno abituali e fortuiti rispetto a quelli con i gatti. Comune anche l’allergia al cane, che tuttavia solitamente suscita sintomi meno aggressivi, e quella ai conigli e ai roditori, per esempio criceti e porcellini d’india che vengono spesso regalati ai bambini, nonché agli uccelli, in particolar modo se si entra a contatto con escrementi e pollini che possono trasportare sulle piume.

Chi è allergico a un determinato animale potrebbe nel tempo sviluppare allergia anche nei confronti di altre specie, con cui magari non è neppure mai entrato in stretto contatto. C’è però una buona notizia: i bambini che, fin dalla nascita, si abituano a vivere in ambienti dove sono presenti animali hanno una possibilità sensibilmente inferiore di sviluppare l’allergia, poiché il contatto precoce con gli allergeni allena il sistema immunitario a riconoscerli fin dai primi mesi di vita.

Da sfatare invece, l’errata convinzione che vi siano razze di gatti o di cani meno allergizzanti: la differenza nelle manifestazioni allergiche provocate da diverse razze della stessa specie dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la predisposizione individuale, la taglia e il sesso dell’animale e la maggiore o minore produzione di forfora.

Allergia: visita allergologica e prove allergiche

In presenza di un sospetto di allergia occorre effettuare una visita allergologica, soprattutto se si hanno animali in casa. Abitualmente gli esami che vengono svolti per confermare o escludere la presenza di allergia sono due: 

  • Prick test (prove allergiche). Un esame molto semplice che prevede che sulla pelle vengano posate delle gocce di estratti con presenti gli allergeni da testare: il medico effettua dunque nel punto corrispondente al liquido una lieve puntura, più simile a una “pizzicata”, con un apposito strumento monouso. Se la pelle del paziente si arrossa o gonfia, assumendo un aspetto simile a quello provocato dalle punture di zanzara, è possibile che l’allergia venga confermata.
  • Ricerca di IgE specifiche per mezzo di un esame nel sangue. 

Antistaminico e vaccino contro l’allergia

Se non è possibile allontanare lanimale che ha provocato l’allergia, i contatti con quest’ultimo da parte dell’allergico dovranno essere il più possibile circoscritti e il paziente dovrà intraprendere un trattamento di cura

È consigliata anche una particolare attenzione all’igiene dellambiente domestico, i cui pavimenti, tendaggi, poltrone, divani e letti andranno puliti con regolare frequenza, e dell’animale stesso che andrà lavato più spesso di quanto non si farebbe abitualmente. Può essere utile anche l’attivazione di sistemi di purificazione dell’aria. 

Per attenuare i sintomi allergici viene invece prescritta l’assunzione di antistaminici per via orale o di collirio e cortisonici preferenzialmente in forma di spray nasale. 
Vi è poi la possibilità di effettuare l’immunoterapia allergene specifica, comunemente chiamata “vaccino”, che, per risultare effettiva, va proseguita per un tempo variabile (solitamente almeno tre anni). Si tratta di una terapia che mira all’allenamento del sistema immunitario a riconoscere l’allergene attraverso un’assunzione controllata e di dosi note dello stesso per via sublinguale, al termine della quale il paziente dovrebbe essere in grado di tollerare la presenza dell’allergene.

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A cura di msapone
Primavera: l’importanza del controllo dei nei
Data articolo:Wed, 03 Apr 2024 09:38:34 +0000

Con l’arrivo della primavera, è importante sottoporsi a una visita dermatologica per controllare la salute della pelle e i nei presenti e individuare eventuali anomalie prima che l’esposizione ai raggi solari primaverili ed estivi possa aggravare eventuali malattie cutanee.

La primavera è un buon momento per il controllo dei nei perché la pelle non è ancora abbronzata e pertanto può essere osservata senza che gli effetti dei raggi solari possano falsare le caratteristiche di eventuali nei; il sole infatti può iper-attivare i melanociti, facendo risultare alcuni nei più scuri.

Approfondiamo l’argomento con il professor Marco Ardigò, capo della sezione autonoma di Dermatologia Oncologica presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.

Cosa sono i nei?

I nei, o nevi, sono formazioni pigmentate della pelle o delle mucose che derivano da un’anomala crescita dei melanociti, le cellule normalmente presenti nella pelle. Solitamente, i nei si manifestano come macchie circoscritte, rotonde o ovali, che possono essere piatte o rilevate rispetto alla superficie cutanea circostante. Possono variare in dimensioni e colore e possono anche cambiare nel corso del tempo. Alcuni cambiamenti sono innocui, ma altri, come variazioni nella forma e nelle dimensioni, possono essere segnali da non sottovalutare.

Nei: i cambiamenti da non sottovalutare

Per monitorare le trasformazioni che i nei subiscono nel corso degli anni, è importante seguire un regolare percorso di prevenzione che passa attraverso controlli dermatologici periodici e l’osservazione regolare della propria pelle, prestando attenzione a eventuali cambiamenti a carico dei nei.

Può essere di aiuto la regola ABCDE, che consente di identificare una lesione pigmentata sospetta che richiede l’attenzione del dermatologo senza attendere il controllo periodico.

  • asimmetria: è importante prestare maggiore attenzione se un neo è asimmetrico.
  • bordi: se i bordi del neo sono irregolari.
  • colore: la presenza di più colori all’interno di uno stesso neo non deve essere sottovalutata.
  • diametro: se il diametro del neo è superiore ai 6 mm.
  • evoluzione: se il neo sembra svilupparsi troppo velocemente, è un campanello d’allarme e deve essere portato all’attenzione del dermatologo.

Quando fare una visita dermatologica?

La visita dermatologica è fondamentale in presenza di cambiamenti di una qualsiasi lesione sulla pelle. Il controllo dei nei consente di individuare precocemente eventuali formazioni che meritano attenzione, compreso il melanoma, un tumore della cute piuttosto frequente. A essere maggiormente colpite sono le zone della pelle più esposte al sole.

Il melanoma può svilupparsi in corrispondenza di un neo già esistente, ma in genere si forma sulla cute “sana”, motivo per cui non bisogna sottovalutare comparsa di nuovi “nei” soprattutto se tendono a crescere velocemente e con forma e colore disomogeneo. A uno sguardo inesperto il melanoma può assomigliare ad un neo, pertanto è fondamentale tenere sotto controllo la propria pelle, effettuare controlli periodici e rivolgersi al dermatologo in presenza di cambiamenti.

In presenza di una lesione cutanea sospetta si effettua la dermatoscopia, un esame che permette di esaminare la pelle interamente e che evidenzia dettagli microscopici.

Un altro esame, di secondo livello, è la mappatura dei nei, una dermatoscopia digitale attraverso la quale monitorare nel tempo le lesioni sospette per valutare eventuali evoluzioni. Infine la microscopia confocale, una tecnica di imaging cutaneo che permette di ottenere una “biopsia virtuale” grazie alla visualizzazione in tempo reale degli aspetti microscopici delle lesioni cutanee.

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A cura di msapone


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