PERCHE' LA FIABA APPASSIONA ANCORA


Ermes, Argo ed Io trasformata in vacca

Gianfrancesco Straparola e Giovanbattista Basile

La fiaba e il racconto popolare come espressione della civiltà contadina non vivono, non vanno più rinnovandosi. Esiste ancora un'economia agricola, ma le connessioni di questa nuova economia agricola con le tradizioni orali si sono perdute. Ora il mercato è globale e comprende paesi lontanissimi tra loro, gli animali che aiutavano il contadino sono stati sostituiti dalle macchine. Bastano questi due soli passaggi per comprendere come gli operatori agricoli siano stati costretti ad abbandonare l'orizzonte delle loro valli ed aprirsi al mondo, imparando a conoscere nuove tecnologie, nuovi linguaggi, nuovi sistemi per piazzare i prodotti della terra e degli animali allevati. I nuovi massmedia, cinema, radio e televisione e una capillare distribuzione nel territorio di giornali, hanno fortemente ridotto lo sviluppo spontaneo ed indipendente della fiaba e del racconto popolare, che si rinverdivano per mezzo del tramandamento orale delle tradizioni da una generazione all'altra. Ma i pluricaratteri della fiaba e del racconto popolare rivivono in nuovi filoni della letteratura ovvero della carta stampata. In Italia Gianfrancesco Straparola (n.Caravaggio in quel di Bergamo nel 1480-1500 e morto nel 1557) ci ha lasciato una raccolta di 75 novelle nell'opera "Le piacevoli notte". La cornice di questa opera ricalca la linea della tradizione boccaccesca.Il vescovo di Lodi, Ottaviano Maria Sforza, durante il carnevale del 1536, riunisce nella sua villa di Murano una compagnia di dame e cavalieri veneziani: il compito di allietare la nobile brigata è affidato a dieci damigelle che per tredici notti consecutive, raccontano a turno storielle divertenti e fantastiche. La novità dello Straparola, rispetto alle novelle del Boccaccio,del Sacchetti o di 'ser Giovanni Fiorentino'(autori di cui "Le piacevoli notte" portano grande traccia per le narrazioni molto simili che vi sono narrate) sta nel fatto che egli rielaborò fiabe e racconti popolari conferendo un colorito 'borghese' al repertorio "magico" delle metamorfosi e degli incantesimi, una materia fino allora esclusa dalla novellistica letteraria. Un napoletano, che per vivere fu soldato mercenario prima a Venezia e governatore di feudi di altrui proprietà dopo nel meridione d'Italia, ci ha lasciato la più accattivante e originale, nello stile, raccolta di fiabe, "Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de' peccerille" : una raccolta chiamata comunemente "Pentamerone" e definita da Benedetto Croce 'il più bel libro barocco italiano'. Ci si riferisce a Giovambattista Basile(nato Napoli 1575 + Giugliano(NA) nel 1632)che scrisse la raccolta in dialetto napoletano, lingua-dialetto che grazie alla diffusione di quest'opera presso gli studiosi di folklore e gli etnologi, si diffuse nel mondo prima dei grandi flussi migratori dall'Italia meridionale e prima del successo della canzone napoletana. Il "Pentamerone" ricalca nella cornice lo stesso Decamerone e l'opera dello Straparola, ma in maniera caricaturale. Le giornate sono cinque e le narratrici che si dilettano a raccontare i 50 cunti sono dieci orribili vecchie che si chiamano Zeza sciancata, Cecca storta, Meneca gozzosa, Popa gobba ecc.. La trovata geniale del Basile consiste nell'aver confezionato un nuovo genere letterario: rimescolando sapientemente elementi originari della fantasia popolare e di elementi, altri filtrati attraverso la cultura letteraria, il Basile inaugura il racconto fiabesco moderno in cui l'autore interviene: 1)per influsso dello stile barocco del suo tempo con una serie impressionanti di metafore e di similitudini e una sovrabbondante invenzione lessicale; 2)con sottile ironia sui comportamenti poco ortodossi di regnanti e cortigiane, spesso mettendo a ridicolo gli orchi(cannibali solo nelle intenzioni nei suoi racconti) che invece spesso appaiono tremendi nelle fiabe del popolo. L'atmosfera ingenua e primitiva del mondo popolare, sapientemente evocato dal Basile, raggiunge una levità e una gaiezza che sono testimonianza di una poesia sorridente e gentile. La raccolta del Basile, pubblicata postuma dalla sorella circa due anni dopo la sua morte, ebbe un discreto successo e parecchie edizioni furono stampate nel secolo XVII. Sicuramente l'opera del Basile influenzò fortemente i fratelli Grimm e soprattutto Charles Perrault che nella sua raccolta di fiabe sembra raccogliere la sua sottile ironia. L'ironia del Basile e del Perrault spesso non vengono ricordati. Avviene che le traduzioni nelle varie lingue delle raccolte di fiabe di questi due autori, poichè è diffusa l'idea che esse siano da destinare ad un pubblico infantile o men che adolescenziale, non ne riportino lo spirito originale, ma si appiattiscono in un linguaggio adatto a scolaretti. Bisognerebbe conoscere il dialetto "napoletano" e la lingua francese per comprendere appieno rispettivamente l'uso brioso e intelligente della rettorica del Basile e le frecciatine del Perrault a certi visitatori di salotti, e convincersi senza ombra di dubbio che le loro fiabe sono state scritte per tutti.


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