COME NASCE LO ZOMBI NEL SUD DEL MONDO E NEL CULTO VODU DI HAITI



La possessione come centro dell'esperienza religiosa


La possessione è normalità nell'esperienza religiosa del vodu


La possessione, che in altre religioni è un fenomeno occasionale, marginale, invece, costituisce il modo normale dell'esperienza religiosa nel vodu. M.J. Herskovits (altro studioso del vodu, autore di saggi come "Life in a Haitian Valley", N.Y. 1937, e "The Mith of the Negro Past", N.Y. e Londra, 1941) ha scritto: "Nelle strutture della religione haitiana, la possessione non è anormale, ma normale" e si riferisce alla precarietà delle interpretazioni psico-patologiche che riguardano il fenomeno. M. Darven, a tal proposito, osserva che nel vodu l'organizzazione cultuale, la mitologia, le cerimonie si giustificano nella loro finalità ultima, ovvero la determinazione dell'invasamento. In tale stato, il mondo mitico diviene una realtà attuale e si sovrappone, annullandola temporaneamente, alla contingenza della condizione storica del gruppo. Avviene, così, il noto processo di reversione del mondo profano nel sacro e di conseguente distruzione del tempo e dello spazio umani.


Il Gros-bon-ange e il Ti-bon-ange


Prima di procedere a ulteriore notizia sull'invasamento rituale è bene fare una informativa sulla sua fenomenologia e i suoi tratti più caratteristici. Nella concezione religioso-psicologica haitiana, l'essenza spirituale dell'uomo è rappresentata da due anime o spiriti, dette il Grande Angelo Buono ( Gros-bon-ange ) e il Piccolo Angelo Buono ( Ti-bon-ange ), che appaiono nell'ombra proiettata dal corpo e, in talune condizioni di luce, circondata da un piccolo margine più chiaro e luminoso. La qualificazione delle due anime è incerta, perché la funzione di "spirito guardiano" o di "angelo custode" è attribuita talora al Ti-bon-ange, talora al Gros-bon-ange. Inoltre il Gros-bon-ange è identificato talvolta con l'ombra dell'uomo, talvolta con il margine luminoso che lo circonda. Pare che il Ti-bon-ange determini le condizioni generali fisiche e spirituali: se per esempio si ha sonno, ciò significa che il Ti-bon-ange è stanco ed ha bisogno di riposare; se è attacato da spiriti cattivi, il corpo si ammala e muore; custodisce la verità e l'onestà del comportamento della creatura.
Il Gros-bon-ange pare che abbia una posizione subordinata, ma da esso dipendono la vita sentimentale, emotiva, intellettuale; è radicato nelle strutture fisiche del corpo, ma può abbandonarlo nel sonno e nel sogno. Nella possessione si presuppone che un loa discenda nel fedele, rimuovendo dalla testa di quest'ultimo il Gros-bon-ange, sostituendosi ad esso per l'intera durata di crisi o di trance. M. Deren interpreta la possessione come una precisa epifania degli archetipi ovvero come un improvviso riemergere del patrimonio ancestrale mitico e rituale in una esperienza individuale e collettiva nel contempo: l'anima ancestrale divinizzata, il loa, si sostituisce ed espelle il Gros-bon-ange. Tale avvenimento del piano divino ( rimozione del Gros-bon-ange dalla testa del fedele) si manifesta nei sintomi della crisi che precede la vera e propria trance: il fedele è preso da moti convulsi e da tremiti, da capogiri e da un senso di vuoto totale, sintomi che indicano il suo "passaggio" e della sua trasformazione, nel senso che egli, svuotato della presenza intellettuale ed emozionale( il Gros-bon-ange ), diviene l'involucro fisico e il veicolo di una presenza divina( il loa che ha invaso). Avviene, così, fra loa e invasato, la relazione che è rappresentata ( come anche nella tradizione sciamanica africana ) come cavallo e cavaliere. Il loa monta o cavalca il cavallo; e in rapporto agli episodi di danza in cui la nuova condizione si manifesta, si dirà che lo spirito "danza nella testa del suo cavallo".

Sopra rappresentazioni artistiche del Gros-bon-ange e del Ti-bon-ange.

Normalità o anormalità dei posseduti


Come per lo sciamanesimo e come per tutte le altre forme di possessione presenti nelle religioni, si è posto, anche per i fenomeni di invasamento nel vodu, il problema generale della loro caratterizzazione psicopatologica. Ci si chiede, cioè, se ed entro quali limiti è possibile interpretare la sintomatologia dei posseduti nel vodu, come anormalità psichica. Ed effettivamente ci sono studiosi che propendono per l'anormalità psicologica dei posseduti del vodu, mentre altri studiosi dicono che queste possessioni possono essere comprese e considerate normali inserendole in strutture storico-religiose o sociali-religiose. In linea di massima gli studiosi, pur accettando la terminologia di tipo patologico di questi fenomeni ( cioè isterismo, crisi convulsiva, atassia del sistema motorio, catalessi, eccetera) non intendono svuotarli della loro valenza religiosa, quando diventano un veicolo di una esperienza del soprannaturale. Anzi, proprio A. Metraux, mette in evidenza che i sintomi della crisi di "entrata" della possessione sono caratteristici per il loro tono psicopatologico.


La possessione



Il posseduto si comporta come se avesse perso il controllo del sistema motorio, è agitato da spasmi convulsivi, si muove a scatti improvvisi, gira disordinatamente e rapidamente su se stesso, con il corpo vacilla in avanti, oscilla e alla fine crolla in una condizione di semi-coscienza. Gli attacchi possono essere improvvisi o essere precedute da sensazioni di vuoto, di angoscia, con tremito, con difficoltà respiratorie; talvolta la crisi di entrata è di tipo epilettoide, preceduta da insorgenza di una sonnolenza, in cui il fedele non risce a tenere gli occhi aperti. Terminata la crisi di entrata, l'invasato entra nella successiva condizione di trance in cui il loa, ormai presente, si esprime, si muove per il tramite del suo cavallo. Alcuni studiosi hanno notato che la crisi di entrata è molto rapida nelle persone abitualmente dedite alle tecniche di possessione.
Finito il periodo di trance la persona non ha memoria di ciò che ha fatto, ha detto, ha visto, o al massimo ricorda le parti iniziali della crisi. La fase di trance può durare da pochi secondi a più ore e a più giorni: il perché di questa differenza è spiegata in qualche maniera appresso. Il "cavallo" è infine abbandonato dal loa presente, in una crisi di "uscita", che comporta generalmente la perdita delle forze fisiche. In questa fase di "uscita" il volto dell'invasato è coperto con un panno, per rispetto nei riguardi del dio che si stacca dal corpo e si manifesta nel volto medesimo. L'invasato si comporta come si presume si comporti il loa; assume gli abiti propri del loa, che gli vengono forniti su sua richiesta dagli assistenti; si muove in rapporto alle caratteristiche del loa; è soggetto a fenomeni accessori in funzione del tipo di loa che si incarna. Considerato tale adeguamento al piano mitico, si è di fronte al ben noto quadro sciamanico della trasformazione di una condizione anomala, descrivibile psicopatologicamente, in una tecnica di adeguamento attraverso l'estasi e di uscita dal piano umano, secondo schemi fissati dalla tradizione e controllati dal gruppo. Cioè l'invasato che fa parte dei sacerdoti, di coloro che sono stati iniziati con l'iniziazione kanzo, ovvero gli hungan, le mambo, e le hunsi, sarebbe in grado di provocare e controllare questo fenomeno; e infatti in queste persone, come accennato sopra, la crisi di "entrata" è molto rapida.


La componente teatrale del voduismo


Ci sono altri aspetti nel voduismo, che non sembrano peculiari di questa forma religiosa e possono accompagnarsi a tutti i fenomeni analoghi. A. Metraux segnala le componenti teatrali nel voduismo, quale intreccio della partecipazione del gruppo cultuale, come pubblico, e l'esibizione del posseduto. Esibizione che non ha un sostegno religioso, ma piuttosto fa leva sul compiacimento estetico e sulle attitudini trasformiste del posseduto. Insomma è teatro quando i posseduti incarnano loa differenti, ciascuno con il suo bagaglio folkloristico, nella stessa seduta. C'è nel contempo un esibizionismo del posseduto e un'assemblea che gradisce, in modo profanizzato, il talento di un posseduto che nella stessa seduta incarna successivamente più loa e che ricorre a trucchi, a movimenti improvvisati per adeguarsi alle varie figure divine.


L'esperienza onirica come veicolo del divino

Il sogno accanto alla possessione è un normale veicolo di comunicazione tra il fedele e il mondo divino. Già si è ricordato come sacerdoti e sacerdotesse sono chiamate alla vocazione per il tramite di un sogno; ma i loa appaiono loro in sogno pure per consigliare loro nuovi medicamenti e nuove terapie di guarigione. I loa appaiono in sogno in forma umana con indosso le vesti tradizionali note nel folklore. A volte i loa appaiono in visioni entro cui si manifestano pure avvenimenti ritenuti straordinari; questi avvenimenti congiunti possono dar vita talvolta a nuovi culti.
Ma solitamente, per i fedeli in genere, i sogni sono premonitori di accadimenti futuri, oppure mettono in guardia contro stregonerie perpetrate contro, oppure possono essere rassicurazioni di favori richiesti e concessi.

Sopra un video che mostra dipinti di Legba, principale loa del vodu di Haiti ed inoltre foto dei rituali di possessione, e dipinti che mescolano figure divine di altre religioni con i loa di Haiti, di cui fanno parte pure gli imperatori dell'isola nei tempi passati.


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Bibliografia: Alfonso di Nola, Enciclopedia delle Religioni, Vallecchi.
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